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"PAPA', TU SEI COME LA MOZZARELLA DI BUFALA: DA FUORI SEMBRI UN PO' DURO, MA DENTRO SEI MORBIDO". Una figlia dal nome corto.
Un’eroica squadra di Monteleprini, composta dal sergente Danna e dal soldato Galetti (nella nostra repubblica non ci sono ufficiali, qualcuno ci prova ma nessuno lo caga) ha provveduto oggi, dotata dei soli strumenti dell’ingegno, al ripristino della linea telefonica del soldato Galetti, interrotta da alcuni giorni a causa dei fenomeni meteorologici degli scorsi giorni. Praticamente abbiamo riannodato i cavi, dato un giro di nastro isolante e fissato tutto ad un albero.
I fenomeni della Telecom, quelli sono anni che li aspettiamo per mettere a posto la linea, i cui cavi sono piuttosto “volanti”, in tutti i sensi.
Avrei voluto vedere la faccia della tipa del 187 quando le ho telefonato con voce da John Wayne e le ho detto: “senti, pupa, dì pure ai tuoi scagnozzi che possono restare al saloon a cazzeggiare, quassù a Monte Lepre il guasto ce lo siamo riparato da soli!”.
(Nella foto: un momento dei lavori, si intravede il ruvido volto del Sergente Danna)
L’ho sentito l’altra sera alla radio, piangeva, all’inizio non riusciva a parlare. E la gente mandava messaggi in redazione “sono in macchina, mi sono fermato, e piango anch’io”, “sono ferma, non entro al supermercato, voglio sentire tutto quello che dice”, “io quasi piangevo ogni volta che lo sentivo parlare al telefono con voi, in tutti questi mesi, figuratevi se non piango stasera”.
L’ho seguito per tutti questi mesi, da febbraio, quando era partito da Lima in Perù.
Diretto a Sydney, in Australia.
A remi.
Da solo.
Un pazzo.
Tutti i venerdì quelli di Caterpillar gli telefonavano. Era un appuntamento che ho sempre cercato di non perdere, e spesso ho guardato il suo sito, letto i suoi racconti che scriveva dalla sua barchetta solitaria in mezzo al Pacifico. Ho messo un link con il suo sito su questo mio blog. Non gli ho mai mandato un messaggio. Ma era quasi uno di famiglia. Mi sono affezionato.
E’ arrivato in Australia.
Dal Perù, a remi.
Un pazzo, un visionario.
Un grande.
Massimo rispetto per Alex Bellini.
Ed hanno cominciato a raccontare, quelli di San Ramirez, nella provincia di Entre Rios, in Argentina. Fino a qualche anno fa nella zona coltivavano cotone; poi il prezzo del cotone è crollato, e l’ultimo anno non hanno venduto niente.
Allora sono arrivati quelli. A San Ramirez non sanno chi sono, non sanno chi c’è dietro. Quelli hanno offerto una via d’uscita. Comprare o affittare il loro “campo”, (qui da noi la chiameremmo campagna, qui da noi dove ogni nostra vacca guadagna un euro al giorno dall’Unione Europea, più di quel miliardo su sei che vive con un dollaro al giorno) una fonte di guadagno sicura, un po’ di respiro. E così è comparsa la soia. Ora ci sono migliaia di ettari coltivati a soia in Argentina. Viene quasi tutta esportata. (L’Argentina produce 8 volte il proprio fabbisogno alimentare. Ma in quindici anni sono morte 450.000 persone per cause legate alla fame). Solo che la soia ha bisogno di più spazio, sempre di più, ancora di più. E allora quelli fanno tagliare il bosco. E allora non piove più, e allora fa più caldo di prima, e allora, e allora, e allora. E poi la soia viene coltivata a livello industriale. E allora quelli fanno spargere pesticidi. Con dei grandi trattori. Qualche volta con gli aerei. Che non sempre sono precisi nell’aprire e chiudere il rubinetto del veleno. E allora la gente di San Ramirez si ritrova delle ustioni sulle braccia o in altre parti del corpo. E allora i bambini di San Ramirez hanno malattie strane, allergie, problemi a respirare. E allora a San Ramirez il veleno finisce sopra gli orti, sopra agli animali, sopra a tutto e tutti.
E se anche quelli di San Ramirez protestano, nessuno li considera. Hanno solo da andarsene dal campo, adesso che non è più loro. Hanno solo da andarsene e finire nella sterminata periferia di Buenos Aires a fare gli emarginati a vita.
Quante San Ramirez ingrassano il mondo ricco e ne pagano le spese?
Soprattutto le aiuta a ritrovare la dignità.
A te che sei il mio grande amore
Ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita
E ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo
Senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande
Ed il mio grande amore
A te che mi hai insegnato i sogni
E l’arte dell’avventura
A te che credi nel coraggio
E anche nella paura
A te che sei la miglior cosa
Che mi sia successa
A te che cambi tutti i giorni
E resti sempre la stessa
A te che sei l’unica amica
Che io posso avere
L’unico amore che vorrei
Se io non ti avessi con me