mercoledì 27 gennaio 2010

venerdì 22 gennaio 2010

Galetti scivolanti...


Caro Umberto ti scrivo, anche se mi disgusta un pò.
E siccome sei molto lontano (dalle mie idee) più forte ti scriverò.
Devi sapere che mia figlia non ama molto la scuola materna, ne parla molto raramente e, fino a questa sera non aveva mai nominato nessun compagno. Un momento fa è venuta da me (ero in cucina; lo so cosa pensi, un vero uomo che ce l'ha duro non ci dovrebbe mettere piede...) e mi ha detto: "papà, domani posso invitare un mio compagno a casa?" "Si certo, le ho detto, (tutto contento per l'avvenimento), e come si chiama il tuo compagno che vuoi invitare?" "KERIM!" 't las capì Bertu?! 'n maruchin! Boia Faus!
Concludo questa mia dicendoti: Umberto? Ciapa lì...
Con tutta la stima che ti meriti (...), tuo (per nulla) affezionato Marcello.

domenica 17 gennaio 2010

UNA SITUAZIONE CHE NESSUNO VORREBBE VIVERE, UNA FOTO CHE TUTTI AVREBBERO VOLUTO FARE.

Guarda gli occhi di questo bambino, è un'immagine straordinaria. Ha colto la speranza in mezzo ad una tragedia.

sabato 16 gennaio 2010

"per noi che siamo nati qui, non solo per coloro che sono stati costretti a raggiugerci"

«Ieri mattina, saranno state le sette, ho deciso di comprarmi un fucile per sparare ai negri. Ma prima avevo voglia di una spremuta d'arancia. Suina o no, la vitamina C non è mai troppa. Solo che in cucina le arance erano finite. «Peru!», ho chiamato. Zero. Ho cercato la domestica peruviana dappertutto, anche nel sottoscala dove la teniamo. Niente. Mi sono chiesto: che Paola le abbia dato un altro giorno di libertà, dopo quello dello scorso anno? Ma mia moglie dormiva. Non volevo disturbarla. Allora ho deciso di far colazione al caffè. Tanto, mi sono detto, devo andare a comprarmi il fucile. E poi il mercato è dietro l'angolo, prendo pure le arance. Così sono sceso.
Al caffè però mi han detto che le arance erano finite. Vabbé, ho risposto, grazie. Fuori del locale non c'era la solita zingara. A forza di elemosine dovrà ancora tornare dalla settimana bianca, ho pensato. Tutti ricchi sfondati, 'sti zingari. Ma ora che mi compro il fucile, mi sono detto, forse posso sparare anche a loro. O si può sparare solo ai negri? Devo informarmi. Quando sono sbucato nella piazza del mercato, ho puntato dritto verso il banco dove si serve mia moglie. Poi però mi sono bloccato. Strano. Il banco non c'era. E neppure il mercato. Tranne per alcune donne che vi si aggiravano perplesse, la piazza era vuota, come fosse domenica. Eppure era martedì. Ho raggiunto l'edicolante. Scusi, ho buttato lì, ma il mercato? Lui si è stretto nelle spalle: che cosa vuole, in questo paese non funziona più niente, pensi che sto ancora aspettando i giornali. Ho guardato meglio l'edicola. In effetti mancavano i quotidiani. Se li starà leggendo il corriere, ho provato a scherzare. E lui: no, il corriere che me li porta è rumeno, preferisce quelli romeni.
Intanto non mi ero ancora tolto la voglia di spremuta. L'unico bar nei paraggi era quello dove non entro mai perché pullula di marocchini, gli stessi che montano i banchi del mercato. Tra l'altro, ho pensato, chissà se si può sparargli anche se non sono negri. Devo informarmi. Sia come sia, per una volta il bar era deserto. Sono entrato. Il barista si girava i pollici. Gli ho chiesto una spremuta d'arance. E lui: le arance sono finite. A quel punto, mi sono rassegnato. Stavo per andare dritto in armeria, quando mi è partito il cellulare. Mia moglie. E la peru?, mi ha chiesto. Volevo domandarlo a te, ho risposto; le hai mica dato un altro giorno di libertà? Macché, ha esclamato lei: ora guardo che non manchi niente in casa. Mancano le arance, volevo dirle, ma lei ha chiuso.
Non ho fatto in tempo a riporre il cellulare che quello è ripartito. Mia madre. Ho sospirato. Rispondo o fingo di non aver sentito? Massì. Olga non si trova più, mi ha ruggito lei nell'orecchio. Ho esitato. Olga? Vuoi dire...la tua nuova badante russa? E lei: chi, se no? Mamma, le ho ricordato, negli ultimi sei mesi ne hai cambiate dodici. Oggi, ha tagliato corto lei, doveva portarmi al ristorante. Trovamene subito un'altra, o mi ci porti tu, così ti ricordi che esisto: e prenota un tavolo, io ora guardo che non mi manchi niente in casa. Ha chiuso anche lei. Per evitare rogne, ho subito chiamato il suo ristorante preferito. Mi spiace, signore, mi ha risposto il direttore di sala, ma oggi siamo chiusi. E' cambiato il turno di riposo settimanale?, ho indagato. No, è che cuochi e sguatteri africani se ne sono andati. E dove?, ho chiesto. Andati, spariti, puff, si è congedato lui.
Mentre riflettevo sul da farsi, mi è venuta fame. Per fortuna, lì accanto c'era una rivendita di pane. Ci sono entrato. Oggi niente pane, mi ha preceduto la proprietaria. Ma come, l'ha già finito?, le ho chiesto. Non me l'hanno consegnato, è sbottata lei, stanotte i panificatori arabi non si sono presentati. Ho girato i tacchi. Alla fine, ho raggiunto l'armeria. Ma il proprietario, anziché aprirla, la stava chiudendo. Quando mi ha visto un po' interdetto, mi ha chiesto: desidera? Un fucile per sparare ai negri, ho risposto. Lui mi ha indicato le vetrine vuote. Capisco, ho sorriso, quando arrivano quelli nuovi? Lui ha scosso il capo. Vede, mi ha spiegato, il fatto è che stanotte i negri se ne sono andati tutti, e di conseguenza le fabbriche di fucili han chiuso; senza contare che mancando i negri sparare ai negri diventa un'utopia. Be', ho borbottato, senza negri diventa un'utopia anche bersi una spremuta. Però, ho aggiunto, devo informarmi: forse si può sparare a zingari, romeni, marocchini. Non l'ha saputo?, mi ha risposto lui, sono spariti anche loro. Peccato, ho detto io. Peccato, ha detto lui. Bei tempi, quelli in cui si poteva sparare ai negri, ho sospirato io. Bei tempi, ha sospirato lui. Ma, gli ho chiesto io, torneranno? Lui ha allargato le braccia: e chi lo sa? Spariamo! Cioè, speriamo!
Con un certo rammarico, mi sono avviato verso casa. E allora ho avuto un bruttissimo presentimento. Col cellulare ho chiamato Pantera, il mio trans preferito. Ma il numero risultava inesistente. Oh, no, ho mormorato. Allora ho provato a chiamare Alì, il mio pusher di fiducia. Ma non era raggiungibile. Solo in quell'istante ho capito il senso di una frase letta su un muro alcuni anni fa: IMMIGRATI, VI PREGO, NON LASCIATEMI SOLO CON GLI ITALIANI».

(Giuseppe Culicchia, su La Stampa del 14 gennaio 2010)

http://primomarzo2010.blogspot.com/

M'ILLUMINO DI MENO, MA SON FELICE UGUALE

http://milluminodimeno.blog.rai.it/

venerdì 8 gennaio 2010

UNO DI NOI

Ivan.

Valpe-Alleghe, 7 gennaio: saluto alla folla che lo applaude.

"Un museo per Magilla (soprannome) - da 30 anni cuore della Valpe"

Si dice che la Valle sia "un posto accogliente". Certo, a molti di noi che ci vivono fa piacere pensarlo. Soprattutto oggi, ci serve a sentici un pò diversi dal resto di un paese che non ci piace del tutto. Però la sua storia ci dice che in alcuni casi quell'accoglienza non è solo una diceria.
Chi di noi ha circa la sua età, lo ricorda bene sin da ragazzo; già allora era "possente" come oggi. A scuola nell'intervallo gli saltavamo addosso in 4 e lui ci scrollava come moscerini. Non c'era verso di metterlo sotto.
Ci sono un paio di immagini molto chiare nella mia memoria di ragazzino: la prima, nella conca del Barbara (in alta Val Pellice), lo vede immerso fino al collo per 15/20 minuti nell'acqua gelida di un "tumpi" (una vasca naturale creata dai torrenti in montagna), mentre noi piccoli umani resistevamo qualche attimo e poi saltavamo fuori. La seconda è il filmino di un soggiorno invernale in Val d'Aosta (i mitici soggiorni della Comunità Montana Val Pellice degli anni '70/'80), giocavamo a scivolare sulla neve di un prato in discesa, seduti sui sacchi neri della spazzatura; ci buttavamo giù come pazzi, ma visto che in fondo al prato c'era una solida palizzata in legno, tutti noi trovavamo un modo per fermarci prima, adolescenti intrepidi si, ma sempre un pò timorosi. Ad un certo punto partì lui, acquistando subito velocità (vi ricordo che era già "possente" allora), poi non so cosa fu, si fece prendere, non seppe frenare, chissà cos'altro; insomma ad un certo punto io chiusi gli occhi per non vedere l'irreparabile che stava per capitare. Sentimmo tutti il rumore inequivocabile di qualcosa che si spezzava.
Quando riaprii gli occhi, un pezzo di palizzata era schiantata giù, abbattuta dal possente impatto, lui invece era in piedi (in verità un pò zoppicante...). Non uno di noi era restato in piedi, tutti distesi a terra dalle risate. Ci guardò e ci disse, con la sua voce (un pò possente pure quella): "Allora?! Cosa avete da guardare?" Noi piccoli umani fuggimmo tutti: un pò per paura del cazziatone degli animatori, un pò per paura del padrone della palizzata. Soprattutto per paura di lui.

Ho letto in questi giorni su un giornale locale un'intervista che celebra i suoi trent'anni dentro la Valpe (forse sarebbe meglio dire che la Valpe è dentro di lui...).
Mi piace pensare che forse, proprio in quell'inverno in cui schiantò la palizzata, cominciava la sua storia con la Valpe, che continua ancora oggi.

Ciao Ivan, sei uno di noi, spero proprio che si decidano a fare quel museo. Te lo meriti.
Un saluto da un tuo coetaneo del villaggio.

martedì 5 gennaio 2010

QUANDO IL BUROCRATE OTTUSO SPOSA IL LEGISLATORE RAZZISTA...

Ne ha parlato stasera Caterpillar, leggete qui sotto:

COMUNICATO STAMPA

CLANDESTINO SENEGALESE ACQUISTA BIGLIETTO AEREO PER LASCIARE L’ITALIA MA, IN AEROPORTO, VIENE ARRESTATO PER… NON AVER LASCIATO L’ITALIA. IL GARANTE DEI DETENUTI DEL LAZIO ANGIOLO MARRONI «EFFETTI PERVERSI DI UNA LEGISLAZIONE CHE SEMBRA FATTA APPOSTA PER CAUSARE SPRECHI DI DENARO PUBBLICO E ULTERIORI SOFFERENZE».

Dopo otto anni da clandestino in Italia, aveva deciso di tornare a casa sua, in Senegal, acquistando di tasca propria un biglietto aereo. Ma, secondo le leggi dello Stato, potrà tornare in Patria solo da espulso, fra sette mesi, e per di più a spese della collettività! Protagonista della singolare vicenda – segnalata dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni – Khadim, un cittadino senegalese di 41 anni.

Khadim era arrivato in Italia otto anni dal Senegal. Per tutto questo tempo ha vissuto e lavorato a Napoli senza possibilità di essere messo in regola perché il permesso di soggiorno non lo ha mai avuto. Per questo – nonostante non abbia mai commesso reati ed abbia, invece, tentato dicostruirsi una parvenza vita sociale – Khadim viene raggiunto da diversi decreti di espulsione che portano ad una condanna penale a sette mesi di reclusione senza che lui ne abbia mai conoscenza.

Quando Khadim decide di tornare in Senegal, viene aiutato dagli amici italiani a comprare il biglietto dell’aereo ma all’aeroporto viene arrestato e trasferito al carcere di Civitavecchia per scontare la condanna a sette mesi per non aver ottemperato ad una espulsione che, per altro, stava volontariamente eseguendo. In carcere Khadim chiede l’espulsione come misura alternativa (misura prevista per diversi reati con condanna sotto i due anni) sperando di porre fine a questa sfortunata avventura. Ma la sua istanza viene respinta dai magistrati sul presupposto che, per la “Bossi-Fini”, questo tipo di misura alternativa non può essere concessa a chi non ha ottemperato all’espulsione.

«In sostanza – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – Khadim che stava lasciando l’Italia è ora recluso in un carcere per non aver lasciato il nostro paese. Dal carcere ha fatto richiesta per lasciare l’Italia ma non gli è consentito perché deve scontare una pena per non aver lasciato l’Italia. Quella che denunciamo sembra una storia senza senso ma è la realtà di una legislazione che, in tema di immigrazione, fra carcere e C.I.E., sembra accanirsi contro i cittadini stranieri fino a prevedere inutili pene afflittive ed ulteriore sofferenza.
Forse sarebbe necessario studiare maggiormente gli effetti pratici di alcune leggi, per evitare, ancora una volta, di risolvere un fenomeno di rilevanza sociale ed economica come l’immigrazione facendo ricorso al carcere».

Marco Leone , responsabile dell’ufficio stampa del garante del Lazio

(Dal sito http://baruda.net/)

domenica 3 gennaio 2010

LE MIGLIORI FOTO DI SPORT 2009




Sono solo alcune immagini di una bella serie che potete vedere cliccando QUI
(dal sito www.damncoolpics.blogspot.com)

sabato 2 gennaio 2010

A Cavallo dell'anno vecchio/nuovo

Moni nel tramonto sopra casa

L'ultimo panorama 2009

Lotta Continua!

I colori dell'inverno, i colori dell'Inverso

Ballerina

Bagnetto