Gli abbiamo dato un passaggio; quando è sceso mi ha chiesto quanto ci doveva. "Una foto, ok?" - "Ok, Sir"
Dopo i giorni emozionanti di Ibanda e del Parco Queen Elizabeth, passiamo un paio di notti a Fort Portal, verso nord, poco lontano dal confine con il Congo. Per me sono giorni di riposo, capitiamo a dormire in un classico posto da viaggiatori, con un giardino adatto anche alle bimbe. C'è una ragazza tedesca convalescente dopo un incidente di bicicletta, ha parecchi punti al piede ed immense croste.
Fort Portal, quadretto di famiglia con moto (foto: bambina dal nome spagnolo)
Moni e Rose vanno a fare una gita, io sto "a casa" con le bambine e Luca. La prima sera stiamo al buio, qui spesso la città resta al buio, quando stiamo per addormentarci torna la luce e tutto l'ostello si riavvia. La seconda mattina vado a fare una gita con Yawe, l'autista. Andiamo verso un lago, ma la cosa che mi piace di più è la vita ai bordi della strada; la zona è bella, dappertutto fabbricano mattoni che poi mettono in vendita, sempre lungo la strada che è il luogo dove si svolge buona parte della vita; sperano di riuscire a vendere qualcosa. La quantità di polvere è impressionante, chi cammina o pedala ne mangia parecchia.
Fort Portal
Panorama, dintorni di Fort Portal
Fabbricazione di mattoni, dintorni di Fort Portal
Tornati a Fort Portal facciamo pranzo in un ristorante che serve anche pizza e spaghetti, e poi partiamo verso Kampala, distante circa 350 kilometri.
Poco fuori città ci fermiamo a comprare due caschi di matoke, costano circa 5 euro l'uno, in città sarebbero ben più cari. I caschi sono pesantissimi, aiuto Yawe a caricarli sul tetto e subito aumento la solidarietà verso chi li trasporta ogni giorno sulle bici.
Poco dopo l’uscita dalla città un commando di “sumie dal cul plà” (babbuini, ma la parola inglese, baboons, è più bella) ci assalta, vogliono banane. All’interno del minibus massima eccitazione, lasciamo solo un piccolo spazio di finestrino aperto, per evitare intrusioni, e da quello spazio distribuiamo banane, un maschio si mette in piedi accanto al minibus esibendo tutta la sua virilità, che non riesco a fotografare perché è solo un attimo che sfugge.
Inutile dire che le espressioni delle scimmie, appese agli specchietti per guardare dentro l’abitacolo sono assolutamente umane, bellissime.
Una famiglia, lungo la strada verso Kampala
Dopo un po’ ripartiamo, ed
attraversiamo una zona meravigliosa di piantagioni di thè, varrebbe
la pena tornare qui solo per venire alcune mattine presto a fare
foto. L’idea è quella di fare metà strada oggi pomeriggio,
dormire a Mubenda e fare l’altra metà del viaggio fino a Kampala
sabato mattina. In realtà dopo un’ora e mezza decidiamo di tirare
dritto per risparmiare e anche perché viaggiamo bene .
Ad una decina
di km da Mubenda però, sentiamo improvvisamente un fischio
“Fsscchh!”, tutti pensiamo ad una gomma, in realtà l’acqua è
andata in ebollizione ed ha fatto staccare un tubo nel motore, ci
fremiamo subito sul lato strada e facciamo scendere donne e bambini,
che si avviano in un cortile della casa lì accanto, dalla quale uno
stuolo di bambini è uscito a curiosare, sporgendo le teste da dietro
la siepe. Dobbiamo attendere un po’ per mettere acqua, che
chiediamo alla famiglia di quella casa, dopo un po’ una bambina
arriva con due bottiglie di acqua marroncina (a dire poco) ed
iniziamo le operazioni, alla fine mettiamo almeno 7/8 litri d’acqua
(in parte evaporata subito), ma l’autista non si era accorto di
essere senz’acqua?!
Il pesante carico di Matoke passa dalla bicicletta al tetto del minibus.
A Kampala costerebbe di più.
Nel frattempo la Signora della casa è andata a
prendere una stuoia che ha messo sotto un albero, invitando Moni,
Rose e le bimbe a sedersi. Nel frattempo altri bambini si sono
avvicinati a curiosare. Si riparte, diamo 1000 USh ala bimba, che si
inginocchia per ringraziarci, scambio di “ciao ciao manina tra
musungu e locali” e via. No, niente via, il minibus non parte!
Tutte le bambine vengono fatte scendere, e ci mettiamo a spingere, in
realtà basta una sola spinta all’indietro e il minibus si accende,
nuovi saluti e via. Ma davanti a noi un autobus sta superando un
camion, l’autista, che era ripartito senza guardare la strada si
butta a sinistra, davanti a noi un gruppo di bimbi, un odei quali si
mette a correre sul ciglio della strada, proprio in direzione
dell’autobus. Attimo di tensione. Poi l’autobus rinuncia al
sorpasso e tutti tiriamo un sospiro.
Vendita di Matoke a bordo strada
La strada prosegue attraversando
paesi e cittadine, il driver a tratti si fa prendere dalla gioia di
tornare a casa prima del previsto e Rose gli dice due paroline in
lingua locale, io comunque decido di sedermi dietro di lui, “occhio
non vede, Cello non trema”. Ci fermiamo più volte a comprare
patate, cipolle, altra frutta e verdura, arrivando vicino alla città
il traffico aumenta, di nuovo rischiamo un frontale, allora mi metto
anche le cuffie “orecchio non ode – le esclamazioni delle donne –
Cello non trema ma un po’ trema lo stesso”.
L’attraversamento
di Kampala è un inferno, non ci sono altre parole, un incubo di
smog, polvere, moto, minibus, camion, auto, buio, casino, e milioni
di persone per la strada, a tratti si sta fermi o si procede a passo
d’uomo. Continuamente una moto o un auto, ma ancora più spesso un
altro minibus, tentano di infilarsi, in una lotta continua per lo
spazio; dobbiamo traversare tutta la città, arriviamo esattamente
dalla direzione opposta, impieghiamo non so quanto per arrivare a
casa, ben più di un’ora, le bambine sono eroiche.
Ma quanti
abitanti ha questa città?, ma soprattutto: c’è qualcuno di loro
che non è per strada stasera?!
Galline in viaggio.
L’arrivo a casa è un sollievo,
qualche preoccupazione per l’autista che sembra avere ricevuto una
telefonata dalla polizia, che lo ha convocato per “qualcosa che
riguarda la moglie”, in realtà si rivelerà essere poi uno scherzo
della moglie stessa. Saluti al driver con stretta di mano, doccia e a
nanna. Blanca si è addormentata sul minibus prima di arrivare.
Buona
notte, dormo di nuovo con mia moglie, finalmente.