Il bar trattoria Itanos affaccia sulla piazza principale di
Palekastro, il municipio più levantino di Creta. La sala ha concesso poco alla
modernità, sopravvivono tovaglie a quadretti e pannelli di legno alle pareti.
Si distingue dagli altri locali della piazza per la
frequentazione di vecchietti. Silenti.
E' il posto dove guardo i mondiali di calcio.
Fino alle cinque del pomeriggio il posto è pressochè vuoto e
del tutto silenzioso. L'aria è immobile. I vecchietti li immagino riposare
nelle stanze ombrose e fresche delle loro case nel villaggio. Immagino anche le
mogli in cucina a preparare la cena di parecchie ore dopo, brontolando
sull'apatia dei mariti.
Io arrivo qualche minuto prima dell'inizio della partita
pomeridiana. Non c'è traccia di turisti. C'è un solo vecchietto, seduto ad uno
dei tavolini.
Non sta guardando il televisore, ed ha già davanti l'espresso
ed il bicchiere d'acqua che la padrona (una donna che sorride solo agli
stranieri, imbruttita da un naso impegnativo) gli ha servito. La Signora da lì
in poi non sbaglierà più un colpo. Ad ogni vecchietto la sua consumazione, senza
bisogno di parole, nemmeno di cenni. Entro due minuti dall'ingresso al bar si
trovano davanti la tazza con il caffè in diverse versioni ed il bicchiere d'acqua senza bollicine.
Ed eccoli, dunque che arrivano, questi silenti vecchietti di
Itanos. Viaggiano fra i sessanta e gli ottanta. Qualcuno fatica un poco a
portarsi in giro. La divisa d'ordinanza prevede rigorosamente pantaloni lunghi
e camiciotto. Alcune ascelle oggi non hanno salutato il sapone e, ad ogni
alzata di braccio, ce ne si accorge senza sforzo.
In mano tutti hanno il rosario, che sgranano o fanno girare
fra le dita.
Mano a mano si sistemano ai tavolini, da soli a coppie a
terzetti.
E stanno lì, silenziosi, senza alcun cenno di interesse verso
la partita, verso gli altri. Guardano verso la piazza, guardano nel vuoto.
Senza parlare. Senza parlarsi.
Qualcuno, al più, tamburella sul tavolo con le dita,
ostinatamente, come in attesa di chissà che.
Uno solo, arrivando, ha provato a salutare ad alta voce, ha
anche alzato una mano.
Lo hanno ignorato.
Ma non sono arrabbiati, si vede. Semplicemente sono lì, come
prima erano altrove.
Non sono arrivati al bar, ci si sono materializzati.
La partita va avanti, è bella.
Li guardo. Saranno quasi una decina. Non ce n'è uno che stia
guardando il televisore. Non ce n'è uno che stia parlando. E sarà così per
quasi due ore.
Ad un certo punto uno
di loro, seduto in compagnia (si fa per dire...) di un collega mutanghero come
lui, si alza e si sposta lento verso un
altro tavolo dove già stanno seduti in due. Il tutto senza che una parola
accompagni la partenza, il trasferimento, l'arrivo. Il vecchietto rimasto da
solo al tavolino appoggia la testa su un braccio e prende a scrutare, un pò in
tralice, quell'altro che lo ha abbandonato.
L'incontro è ricco di gol, a più riprese dagli altri locali
della piazza si alzano le urla dei tifosi transalpini. Qui al bar Itanos
silenzio assoluto.
E si va avanti così. Ci si chiede che minchia siano venuti a
fare. Devono avere delle mogli impegnative.
Sono meravigliosi. Questo posto è
quello che cerco quando vado in giro per il mondo. Autenticità.
Improvvisamente le campane della chiesa ortodossa della
piazza iniziano a suonare. E' come se si fosse acceso un interruttore che abbia
acceso anche i vecchietti. Tutti contemporaneamente si segnano ripetutamente e
vigorosamente. Poi, così come si acceso, l'interruttore invisibile si spegne. E
loro con lui.
Solo poche volte, in quasi due ore, una voce flebile si alza
da un tavolino alle mie spalle. Uno degli argentini si chiama “Di Maria”, e
quando il telecronista greco lo nomina, da dietro si sente dire “Maria...”. Ma
non è una voce, pare più un sospiro, un borbottare, un gorgoglio. Poi la sala
torna nel suo mutismo.
Chi sarà stata Maria per quel vecchietto?
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