mercoledì 4 luglio 2018

I VECCHIETTI SILENTI DI ITANOS.


Il bar trattoria Itanos affaccia sulla piazza principale di Palekastro, il municipio più levantino di Creta. La sala ha concesso poco alla modernità, sopravvivono tovaglie a quadretti e pannelli di legno alle pareti.
Si distingue dagli altri locali della piazza per la frequentazione di vecchietti. Silenti.
E' il posto dove guardo i mondiali di calcio.

Fino alle cinque del pomeriggio il posto è pressochè vuoto e del tutto silenzioso. L'aria è immobile. I vecchietti li immagino riposare nelle stanze ombrose e fresche delle loro case nel villaggio. Immagino anche le mogli in cucina a preparare la cena di parecchie ore dopo, brontolando sull'apatia dei mariti.
Io arrivo qualche minuto prima dell'inizio della partita pomeridiana. Non c'è traccia di turisti. C'è un solo vecchietto, seduto ad uno dei tavolini.

Non sta guardando il televisore, ed ha già davanti l'espresso ed il bicchiere d'acqua che la padrona (una donna che sorride solo agli stranieri, imbruttita da un naso impegnativo) gli ha servito. La Signora da lì in poi non sbaglierà più un colpo. Ad ogni vecchietto la sua consumazione, senza bisogno di parole, nemmeno di cenni. Entro due minuti dall'ingresso al bar si trovano davanti la tazza con il caffè in diverse versioni ed il bicchiere d'acqua senza bollicine.

Ed eccoli, dunque che arrivano, questi silenti vecchietti di Itanos. Viaggiano fra i sessanta e gli ottanta. Qualcuno fatica un poco a portarsi in giro. La divisa d'ordinanza prevede rigorosamente pantaloni lunghi e camiciotto. Alcune ascelle oggi non hanno salutato il sapone e, ad ogni alzata di braccio, ce ne si accorge senza sforzo.
In mano tutti hanno il rosario, che sgranano o fanno girare fra le dita.
Mano a mano si sistemano ai tavolini, da soli a coppie a terzetti.

E stanno lì, silenziosi, senza alcun cenno di interesse verso la partita, verso gli altri. Guardano verso la piazza, guardano nel vuoto.
Senza parlare. Senza parlarsi.
Qualcuno, al più, tamburella sul tavolo con le dita, ostinatamente, come in attesa di chissà che.

Uno solo, arrivando, ha provato a salutare ad alta voce, ha anche alzato una mano.
Lo hanno ignorato.
Ma non sono arrabbiati, si vede. Semplicemente sono lì, come prima erano altrove.
Non sono arrivati al bar, ci si sono materializzati.

La partita va avanti, è bella.
Li guardo. Saranno quasi una decina. Non ce n'è uno che stia guardando il televisore. Non ce n'è uno che stia parlando. E sarà così per quasi due ore.

Ad  un certo punto uno di loro, seduto in compagnia (si fa per dire...) di un collega mutanghero come lui,  si alza e si sposta lento verso un altro tavolo dove già stanno seduti in due. Il tutto senza che una parola accompagni la partenza, il trasferimento, l'arrivo. Il vecchietto rimasto da solo al tavolino appoggia la testa su un braccio e prende a scrutare, un pò in tralice, quell'altro che lo ha abbandonato.

L'incontro è ricco di gol, a più riprese dagli altri locali della piazza si alzano le urla dei tifosi transalpini. Qui al bar Itanos silenzio assoluto.
E si va avanti così. Ci si chiede che minchia siano venuti a fare. Devono avere delle mogli impegnative. 

Sono meravigliosi. Questo posto è quello che cerco quando vado in giro per il mondo. Autenticità.

Improvvisamente le campane della chiesa ortodossa della piazza iniziano a suonare. E' come se si fosse acceso un interruttore che abbia acceso anche i vecchietti. Tutti contemporaneamente si segnano ripetutamente e vigorosamente. Poi, così come si acceso, l'interruttore invisibile si spegne. E loro con lui.

Solo poche volte, in quasi due ore, una voce flebile si alza da un tavolino alle mie spalle. Uno degli argentini si chiama “Di Maria”, e quando il telecronista greco lo nomina, da dietro si sente dire “Maria...”. Ma non è una voce, pare più un sospiro, un borbottare, un gorgoglio. Poi la sala torna nel suo mutismo.


Chi sarà stata Maria per quel vecchietto?

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