Qualche giorno fa su
Internazionale (www.internazionale.it)
è stata pubblicata la trascrizione delle registrazioni delle voci
dei tre piloti dell'aereo Air France caduto nell'Atlantico alcuni
anni fa mentre volava da Rio De Janeiro a Parigi. La trascrizione
riguarda gli ultimi minuti prima dello schianto.
Sintetizzando, emerge il
fatto che uno dei tre piloti, il più giovane, ha continuato a
compiere una manovra sbagliata senza dirlo agli altri due, e senza
che questi se ne accorgessero.
Naturalmente si tratta di
un documento drammatico, sono le voci di tre persone che stanno per
morire e che, con i loro errori, stanno per portare alla morte altre
225 persone.
Cercando però di andare
oltre questo aspetto, per quanto sia importantissimo, mi ha colpito
un'altra cosa. Il fattore umano. Leggere quell'articolo ha rafforzato
in me una cosa che penso da molto tempo.
Credo che pilotare un
aereo che trasporta centinaia di persone sia una delle attività più
“procedurate” che esistano. Giustamente. Eppure ogni tanto un
aereo cade. La mia sensazione è che, se potessimo leggere ed
analizzare le trascrizioni di quanto i piloti si dicono prima dello
schianto, scopriremmo che molto sovente l'incidente capita perchè i
piloti hanno sbagliato qualcosa.
Cosa che ci sta, siamo
umani. Appunto.
Credo che sia
fondamentale la stesura di procedure nelle attività lavorative. Sono
una garanzia, in molti casi sono una garanzia di salvaguardia delle
persone.
Ma non pensiamo di potere
fare a meno del fattore umano. Non si prescinde dal fattore umano.
Non si prescinde dall'importanza del “sapere essere” accanto al
“sapere fare”. Non pensiamo che basti scrivere una procedura per
ogni cosa per avere la garanzia che quel lavoro verrà fatto bene.
Quel lavoro verrà fatto bene nella misura in cui la persona che lo
fa avrà saputo prima di tutto “essere”.
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