martedì 3 luglio 2012

"Io sono un salafita"

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La ciliegina sulla torta di questo bel viaggio. Mi sarebbe spiaciuto partire senza incontrarlo e parlare un po' con lui. Così l'ho cercato tutta la giornata, sin dalla mattina presto, in giro per il villaggio alla guida del passeggino con la bambina dal nome corto che era sveglia prestissimo e rompeva i timpani con le sue urla.
Lo becco finalmente alla fine del pomeriggio. Scendo dalla macchina e ci salutiamo affettuosamente. Osservandolo, il suo aspetto esteriore corrisponde in pieno allo stereotipo dell'estremista islamico che abbiamo da noi in occidente: ha la barba un po' più lunga di due anni fa, il solito zuccotto bianco in testa, e la djellaba bianca e lunga che gli copre parte dei pantaloni. I suoi occhi sono sempre accesi, furbi, guizzanti. E' davvero un peccato non poterlo fotografare, mi costa un po' rispettare la sua volontà. Così, per sdrammatizzare la cosa, ci scherziamo su più volte nella mezz'ora che passiamo insieme. Gli propongo di accompagnarmi a fare un giro in macchina nella campagna al tramonto. Prima di tutto ci aggiorniamo sulle rispettive famiglie, è un rito che qui contraddistingue l'inizio di ogni conversazione. Poi provo a fargli qualche domanda.
  • Allora, adesso è più tranquilla la situazione? (fino a prima della rivoluzione la polizia lo teneva sotto stretto controllo, perquisendo frequentemente casa sua, tenendolo sotto pressione costante, impedendogli di lavorare, minacciando chi gli dava anche solo un lavoretto, sequestrandogli libri, portandolo in caserma per interrogarlo, e via discorrendo. Non gli ho mai chiesto se lo picchiassero, ma non me ne stupirei)
Si, ora faccio l'Imam a El Mida (è il villaggio vicino), tengo delle lezioni. La polizia mi lascia tranquillo; prima mi controllavano di continuo, non potevo lavorare, ma non ho mai reagito, non sta a me giudicare, amdullah, ci penserà Dio. Non ho più nessun libro sulla religione, la polizia mi ha sequestrato tutto. Ma ho tutto qui! (si tocca la tempia con un dito, gli occhi gli si accendono mentre mi fa quel gesto). Ora vorrei fare venire del materiale dall'Arabia Saudita, e cominciare a mettere su internet lezioni sull'Islam, quello vero, non quello degli usurpatori, non come quello di chi dice di parlare in nome di Dio, di chi dice “Dio è entrato in me!”, quelli lo fanno solo per controllare la testa della gente. Gli sciiti iraniani, ad esempio.

 
  • Cosa pensi della rivoluzione tunisina?
Io ero contro Ben Alì, ma non mi è piaciuto il modo: sangue, morti, feriti, violenze. La cosa in sé è stata giusta, ma non ho condiviso la maniera. L'esercito avrebbe dovuto deporre Ben Alì, metterlo in galera, e ridare la voce al popolo con le elezioni. Comunque sia: se Ben Alì è stato al potere per 24 anni è perchè ne aveva i mezzi, ed anche perchè era sostenuto, in particolare dagli americani, sono loro che comandano. Il suo esilio in Arabia Saudita, mica lo hanno deciso loro, i sauditi. Gli americani hanno deciso; “ora voi fate questo per noi, e poi domani vi restituiremo il favore”, così hanno detto ai sauditi. Così adesso lui è dai sauditi, prima qui lui aveva vietato di tenere la barba lunga, ma guardalo ora, è là dove la barba è obbligatoria, lui con la barba e lei con il velo! Ah! (ride, e si tocca la barba). Ma alla fine è stato un carrettiere che lo ha mandato via, un poveretto che spingeva un carretto con quattro cose. Si è dato fuoco ed ha fatto partire tutto. E' stato Dio che lo ha mandato!
  • Ti riferisci a Mohamed Bouazizi?
Esattamente. Bisogna sapere attendere, amdullah. Senza mai usare la violenza. Io lo dicevo ai poliziotti che venivano da me: “se volete controllarmi, fate pure, non c'è problema, io non reagirò”. Ora lo dico nelle mie lezioni “se avete qualche problema con qualcuno, c'è la legge, andate in tribunale”.
  • Però quando c'è un regime che condiziona la giustizia, è normale che la gente non si fidi...
E' vero, ma adesso non è più così. Però adesso abbiamo un altro problema. Non c'è abbastanza sicurezza. La polizia non ha il permesso di usare il pugno di ferro con chi fa il violento. Questo non è giusto. Non va bene che siano limitati nell'agire.

 
  • Cosa pensi dei salafiti che stanno creando dei problemi in Tunisia in questo momento?
Che non sono salafiti! Essere salafita significa seguire la legge di Dio. Quelli sono solo degli impostori, dei malvagi. Approfittano della situazione per ottenere potere. Strumentalizzano quelli che li seguono. Quello non è Islam. Islam è amore, non violenza.
  • Però facendo così fanno il gioco di chi, in occidente, dice che invece l'Islam è proprio quello: violenza, oscurantismo, intolleranza per chi la pensa diversamente. Sono anni che noi veniamo bombardati da questo messaggio.
Purtroppo è proprio così, i due estremismi lavorano l'uno fianco all'altro, vanno nella stessa direzione. Ma ti ripeto: quelli non sono salafiti. Io sono salafita, amdullah.
  • Cosa significa “amdullah”? Lo dici spesso.
Vuole dire “grazie a Dio, che Dio sia lodato”

Poi cambia discorso, mi prende la mano e ci mette sopra dell'essenza di profumo che produce lui stesso. Ha fatto molti studi in Francia in questo campo. Mi parla a lungo di rimedi naturali, della loro scientificità; mi parla di un misterioso aceto che verrebbe prodotto in Italia, con enormi poteri di guarigione di varie gravi malattie (“costa 40 milioni di € alla bottiglia, lo usano solo per i potenti della terra, proprio a causa del prezzo”). Parliamo dell'importanza che i bambini possano vedere che ci sono altri modi di vivere, gli dico che Blanca sta iniziando ad osservare e fare domande. Condividiamo l'idea che questo è importante per evitare di pensare che la cultura in cui cresciamo sia l'unica, o la migliore, mentre si può prendere il buono da ognuna. Mi parla dell'oro che secondo lui è sepolto nel sottosuolo della Tunisia sin dai tempi dei Romani, in posti vicini alle montagne dove non è permesso andare. Sono un po' perplesso su alcune cose, ma stare con lui è molto piacevole, una questione di pelle, come si dice. 

 

Ad un certo punto ci fermiamo perchè ho visto una foto da fare, c'è un uomo in un campo con l'aratro ed il suo cavallo; siamo in piena campagna, non c'è nessuno intorno, solo campi, una bella luce ed un cielo grande. Gli dico: “guarda che bella luce, non c'è nessuno, sarebbe una bellissima foto se te la facessi ora!”.
Ci facciamo una risata, pacche sulle spalle, e ripartiamo verso il villaggio.

P.S.: avevo già scritto su di lui nel 2010, per leggere clicca QUI

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