Ricordo un brindisi a casa di un amico, per celebrare la tua elezione a presidente del nuovo Sudafrica. Ricordo di avere letto la tua autobiografia "Lungo cammino verso la liberta" proprio durante il primo dei due viaggi che ho avuto la fortuna di fare nel tuo paese che, per quella piccola parte che ho potuto vedere, trovo meraviglioso.
Il tuo nome è da anni la risposta che darei a chi mi chiedesse chi considero un eroe.
Da mesi avevo messo da parte l'articolo che segue, perchè trovo che ti renda giustizia
Ciao.
In un momento così drammatico è giusto ricordare in cosa consiste la
grandezza di quest’uomo rispettato, ammirato e venerato in tutto il
mondo fin dagli anni ottanta.
Prima di tutto bisogna citare i 27 anni di prigione (a lungo in
condizioni durissime) scontati per essersi ribellato alla segregazione
razziale in atto nel suo paese. In secondo luogo c’è l’assoluta
legittimità della sua battaglia – inizialmente non violenta e
successivamente armata – contro il regime di apartheid che aveva
condannato i neri a vivere come paria nel loro stesso paese, dominato da
una minoranza bianca che non riconosceva loro alcun diritto. In terzo
luogo ci sono la forza, la dignità e il coraggio con cui ha rifiutato
per cinque anni le offerte di liberazione e di un ammorbidimento delle
condizioni carcerarie in cambio di un appello alla rinuncia alla lotta
armata. Infine (e soprattutto) c’è l’impegno profuso per evitare, una
volta avviati i negoziati con il potere bianco nel 1990, che la volontà
di fondare stati separati degli zulu e della corrente più radicale della
minoranza bianca spaccasse il Sudafrica scatenando una guerra infinita.
Prima ancora di diventare il primo presidente del Sudafrica
democratico (nel 1994), Nelson Mandela ha portato sulle spalle il
destino del suo paese, animato dall’ossessione di non lasciar morire la
speranza di una transizione pacifica tra il non diritto e lo stato di
diritto. Per questo motivo ha frenato l’impazienza dei suoi partigiani,
ha dato tempo a Frederik de Klerk (l’uomo che lo aveva fatto liberare)
di convincere la popolazione bianca che bisognava abbandonare
l’apartheid e ha perfino negoziato con i movimenti più razzisti e
violenti, fino a convincerli ad accettare l’ineluttabile: un uomo, una
voce.
Queste quattro ragioni sarebbero più che sufficienti a giustificare
il mito che circonda Mandela, ma c’è dell’altro. La vera grandezza di
Madiba consiste nell’aver saputo oltrepassare il risentimento e aver
convinto la maggioranza dei neri a fare lo stesso, e nell’aver compreso
che la più grande delle vittorie non sarebbe stata la sconfitta
dell’avversario ma la saggezza di saper guardare avanti e non indietro.
Dopo tanti anni di ingiustizie e violenze, i sudafricani avrebbero
avuto tutte le ragioni per non voler vivere insieme ai bianchi e
spingerli ad andarsene. Sarebbe stato umano, troppo umano, ma quali
sarebbero state le conseguenze? Persone che si erano stabilite da tempo
in Sudafrica e non avevano un’altra patria sarebbero diventate apolidi.
Sarebbe stata una nuova ingiustizia, e il Sudafrica si sarebbe
privato di quegli insegnanti, imprenditori, agricoltori, operai e medici
di cui aveva bisogno per sviluppare la sua economia e che erano
cittadini sudafricani tanto quanto lo erano i neri. Nelson Mandela,
invece, ha saputo perdonare e costruire un paese che oggi continua a
crescere e sta diventando una nazione forte e unita nella diversità.
(Bernard Guetta, Internazionale, Giugno 2013)
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