Il chiosco è abbarbicato su un bel punto panoramico dal quale si vede il mare, centinaia di metri più giù.
L'attenzione degli automobilisti, diretti alla famoserrima spiaggia di Elafonisi, è attirata da un abbinamento di bandiere che non ti aspetti: Grecia e Polonia. Mediterraneo e Baltico, Ortodossi e Cattolici.
Allora ci si ferma. Il posto è effettivamente magnifico, il chiosco è sul rustico andante, costruito interamente di materiali di recupero. Lui è greco, barba di qualche giorno, canottiera nera, molto affabile e scherzoso, ti accoglie con il classico "italiano e greco, una faccia una razza". Ci sa fare con i clienti, un po' meno con la spugna con la quale vorrebbe pulire il tavolo. Lei è bionda, alta, molto polacca, molto cazzuta. Sta dietro al banco, prepara le spremute e le altre consumazioni.
E da lì dietro lo cazzia a voce alta, un rimprovero dietro l’altro, senza interruzioni, non le importa un fico secco di salvare le apparenze.
Lui mi guarda sospirando. "Mogli, cosa vogliamo farci?!"
“Niente, naturalmente”, gli dico io. Già ci siamo conquistati.
È ora di pranzo, e lui è già bello su di giri. Secondo me si è scolato almeno una di quelle bottiglie sulle quali ha scritto a pennarello "antistress". Mi viene spontaneo aiutarlo a sparecchiare un tavolino, perché vedo come lo sta guardando la polacca.
Moni gli chiede se c'è un bagno, lui le indica la montagna che incombe al di là della strada con un gesto eloquente. Poi fa una pausa e, quando lei sta per partire verso monte, le indica con un gran sorriso marpione la via verso il cesso. Che in realtà, dicono le cronache di radiofiglie, è un bagno molto pulito ed ordinato. Evidentemente trattasi di territorio polacco.
La mossa di aiutarlo a sparecchiare è un successo parziale perché lui si è dimenticato di pulire il tavolo. La bionda brontola, scuote la testa. Allora lui per sparigliare il campo prende un piatto di avanzi, si avvia verso il piazzale fuori dal chiosco e urla "Spagheti!". Un vero affabulatore, voleva fare il simpatico con noi italiani citando il nostro piatto nazionale, ma stavolta gli è mancata un “t”.
Al richiamo rispondono tre cani che stavano girotondolando fra i tavoli, e il corteo esce provvidenzialmente (per lui).
Noi ci sediamo per gustarci una buona spremuta, che uno si chiede “ma dove diavolo avranno preso tutte ‘ste arance a luglio?!”. Passano alcuni minuti di calma relativa, i cani mangiano fuori, il greco gironzola, la polacca lava i piatti. A quel punto l'asino libero decide che si sente discriminato, ed entra nel chiosco in cerca di cibo facile. L'asino prigioniero resta fuori, legato ad una corda proprio sotto le due bandiere, forse come cartolina vivente a favore dei turisti
Il greco vede un'occasione di mettere su uno spettacolino. Corre sul retro, torna con del pane secco in mano e mostra alle ragazze come fare sì che l'asino prenda il pane direttamente dalle mani. Al trentaseiesimo tentativo la figlia dal nome corto e la nipote dal nome Shwaili ce la fanno.
Lui esulta, la bionda lo guarda torva.
È ora di andare. Pacche sulle spalle, salutoni e sorrisi. Lui resta lì a farsi cazziare dalla sua donna polacca, io mi infilo in macchina con le femmine, che ce ne fosse una con un nome italico. Cosa ne diranno i nostri attuali governanti?!
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