sabato 28 dicembre 2013

COME TE NESSUNO MAI

In un clima di delirio collettivo si è svolta qualche sera fa la tradizionale cena natalizia dei seguaci di Attilio Sibille, Guru e guida spirituale di svariate generazioni di giovani in Val Pellice (potete approfondire la conoscenza dell'allegro gruppetto sul sito http://www.memoryfdc.blogspot.it/).





 La serata si è di fatto risolta in un "one man show" di un misterioso personaggio di origine Sassarese, ex carabiniere motociclista, ex guardiano notturno sonnolente, con trascorsi di radio tecnico volontario ed estemporaneo riparatore nella bottega dello zio Attilio, da tempo residente nella ridente vallata, dove nel frattempo è diventato seguace di Radio Maria, dimostrando in questo senso un notevole spirito di "Bastian contario" rispetto al contesto barbetto.
 

Sfoggiava una delle numerose camicie monocolore risalenti ai tempi della Fiat, un presunta rasatura, una parlantina sciolta, ma soprattutta una impressionante capacità di governare il pubblico, dando e togliendo la parola con gesti sobri ma imperiosi. A tratti si è sfiorato il dramma, con numerosi partecipanti incapaci di continuare ad alimentarsi, che si trattenevano le trippe doloranti dalle risate. Anche tra i più tenaci si è visto qualcuno cercare di mettersi le mani nei capelli, dimenticandosi di averli da tempo perduti. Qualcuno è uscito a riprendere fiato, emotivamente devastato dalla incredibile sequela di puttanate che si acoltava nella sala, deserta di persone normali. Particolarmente penosa la serata di un amico originario della valle, da tempo abitante nella grande mela il quale, con perfidia, è stato fatto accomodare accanto all'artista sardo. Ha promesso di non tornare mai più.


E' quindi passato in secondo piano il mostruosissimo capo di abbigliamento sfoggiato da uno dei partecipanti, e pronipote di un maglione con gli asterischi che molti dei presenti ancora ricordano con orrore. Peccato, avrebbe meritato un nutrito lancio di oggetti.


venerdì 20 dicembre 2013

ABBASTANZA DA FARNE UN LIBRO...

Nei giorni scorsi sono successe delle cose. Qui intorno, ma non solo. Io ho avuto delle brutte sensazioni. Credo che sia stato un segnale, ora vedremo se e come chi ha la responsabilità di guidare la barca saprà coglierlo. In caso contrario mi chiedo quale sarà il prossimo.
Nel mio piccolo ho raccolto alcune idee da persone che conosco, e che hanno detto la loro, da posizioni anche diverse. Ho creduto giusto fare circolare quelle opinioni. Per mia scelta i nomi e le località sono mascherati da sigle o nomi fantasiosi, o sostituiti da "Omissis". 
Perchè? Boh.

STIMOLO UNO (Signor A.B., lavoratore dipendente, terzo settore)
Ma mi chiedo, 
quando mai il nostro stato democratico è stato così debole?
quanto ci abbiamo messo ad arrivare a questa situazione e quanto ci vorrà per recuperare?
cosa posso dire ad un manifestante per convincerlo a sospendere i blocchi, a parte il fatto che devo fare un giro della madonna per andare a lavorare, e sono un povero (omissis - parolaccia piemontese) come lui? 
come mai il leader della protesta è (omissis), che sarà uno dei commercianti più ricchi di Panettonia? cosa ci guadagna?
perchè la polizia picchia ovunque, in Val Susa, allo stadio... e a questi invece non dice un cazzo?
E'solo una fiammata o l'inizio di qualcosa di preoccupante?
Quanta gente si è immediatamente unita a questa protesta anche se fino al giorno prima non ne sapeva niente?
Di quanto sono aumentati quelli che non hanno niente da perdere?
Cosa ne pensa Sibille di tutto ciò?
Buonanotte
STIMOLO DUE (Signor EmmeGi)
Probabilmente tra un pò di tempo sorriderò rileggendo queste righe, scritte dalle dita su ordine della pancia. Perchè non ho ancora la testa fredda per fare una specie di analisi di quanto successo qui intorno nei giorni scorsi. Beato chi riesce ad essere così lucido da scrivere analisi mentre si è in mezzo al casino. Chiarisco che non mi riferisco a A.B. che ci ha scritto.
Quello  che posso dire è che ho avuto delle brutte sensazioni, come mai avevo avuto. Siamo stati in ostaggio.
Probabilmente è la paternità, questa è stata l'ennesima prova che dopo che hai dei figli cambi il modo di vedere le cose. Bella fregatura...
Penso ci fosse di tutto in mezzo a quelle manifestazioni, ma non ho mai pensato che il problema fosse quello della circolazione stradale, piuttosto di che cosa può diventare una cosa che nasce, in parte, sulla base di motivazioni anche comprensibili (è assurdo pagare in anticipo l'IVA 2014 su un giro di affari fatto nell'anno 2013, che non è detto che riuscirai a confermare, ma è solo un esempio). Alcuni episodi di stampo chiaramente squadrista che sono capitati, anche a meno di 20 km da casa mia, mi hanno inquietato, mi hanno dato la chiara sensazione che il fascismo può essere solo lì, dietro l'angolo. Non avevo questa consapevolezza, ora è molto sgradevole averla. E in ogni caso un altro cittadino che ha gli stessi miei diritti non può fermare la mia macchina pretendendo di sapere dove vado, ed imponendomi la sosta o concedendomi di passare, è un sopruso inaccettabile.
Certo, potrebbe essere stato una prova, un segnale, un modo di contarsi, o cose simili. Ma non rincorro chi vuol fare complottismo.

L'unica cosa che mi è chiara è che ora serve una riposta da parte delle istituzioni, quelle "alte" che mai sono state così in basso. Da oltre vent'anni la barca va sempre nella stessa direzione, indipendentemente da chi la guida (ma chi la guida la barca, in realta?!) La ricetta che viene applicata per tirarci fuori dalla situazione in cui siamo è la stessa che ci ha portato in tale situazione. E' evidentemente un assurdo. E' una barbarie che, in nome del dogma indiscutibile del liberismo sia stato ridotto un paese europeo nella situazione in cui versano i greci, i quali hanno fatto del male soprattutto, se non quasi solo, a loro stessi. Usando un rigore simile, cosa avrebbero dovuto fare le nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale ai tedeschi?!
Peraltro ho trovato positivo il momento di ieri mattina al ponte di Bibiana, al quale ho voluto fortemente partecipare e nel quale ci si è parlati civilmente tra persone con visioni diverse, tra chi mi ha venduto la mia cara bici elettrica ed il sottoscritto che l'ha comprata ed ora felicemente la usa, ad esempio.
Leggo in queste ore con molto piacere che il dialogo continua. Ma non è al venditore di bici di Luserna che sono rivolte le mie preoccupazioni.
Anzichè essere il muratore a complicare la vita al lavoratore dipendente sbarrandogli la strada occorrerebbe andare insime ad assediare la Regione Piemonte ruggendo tutti insieme per giorni e giorni "dimissioni!" fino a farli cedere. Quella si che sarebbe un  vittoria del "popolo", che siamo tutti. Ciao.


REAZIONE UNO (Signor C.D., lavoratore dipendente, terzo settore)
In questi giorni con Marcello abbiamo scambiato alcune opinioni riguardo quanto stava succedendo intorno a noi, vicino a noi questa volta, e quindi le emozioni erano più vive, più palpabili. Anche io, come Marcello, ho riflettuto sulla mia condizione di padre, e su come questa influenzi il modo di vedere, di percepire i fatti che ci circondano...bella fregatura, concordo! Per la prima volta mi sono sentito veramente vicino a qualcosa di brutto, di cupo. Da Comunista ho sempre discusso di fascisti e dittature, ma sempre su di un piano teorico o, nelle peggiori siutazioni relegandolo a qualche sparuto gruppeto di nostalgici! Questa volta, invece, l'impressione è veramente stata che l'uomo nero potesse essere lì dietro ad una rotonda! Ma, e Marcello lo sa perchè di quelli che stanno leggendo la mail è quello che meglio mi conosce, ho il vizio di analizzare le cose, rileggendo la storia e, questa volta stimolato anche dalle domande di A.B., ho trovato queste due citazioni, che non danno delle risposte ma forse ci aiutano a riflettere.
La prima dice. "La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza. La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui son fatte le dittature" (Franklin Delano Roosvelt)
...e direi che qui c'è già molto, la crisi mondiale ha, prima, levato le sicurezze economiche e non solo, ha limitato l'indipendenza del singolo ed ora sta stringendo le sue maglie, lasciandolo senza lavoro e portabdolo letteralmente alla fame.
La seconda dice "Il fascismo è il capitalismo in decomposizione" (Lenin - Vladimir Ilyich Ulyanov).
E questa risponde almeno in parte alla domanda "quanto ci abbiamo messo ad arrivare a questa situazione e quanto ci vorrà per recuperare?" non risponde a "quanto" ma dice da quando, e la risposta è "da quando l'uomo ha fatto del capitale e del consumo i suoi idoli, ed ora che il mondo è saturo di cose inutili, i lsistema collassa!"
Ora più che mai dobbiamo uscire dalle nostre stanze, capire dove ognuno di noi ha sbagliato: Dare la colpa a questo o a quello (ammesso che sia mai servito) ora non serve più! Dobbiamo recuperare i valori, quelli veri e farlo in fretta, prima che qualcuno cavalchi le nostre debolezze.
Scusate lo sfogo e grazie per l'attenzione.



REAZIONE DUE (Signor E.F., lavoratore dipendente, industria o simili. Unico degli intervenuti a vivere in un altra regione)
Sto seguendo indirettamente con (Omissis) quello che sta avvenendo lassù. Qui, ad Adriatica, sembra di stare in un altro mondo: non è successo niente, nessun blocco, nessuna protesta. Devo dirti che, da quando frequento Panettonia, ho sempre visto una grossa differenza tra qui e lì: qui si dorme di più, si prende la vita diversamente e con meno affanni; lì invece c'è molta partecipazione, ogni domenica sotto i portici ci sono banchetti del PD, SEL e bla bla bla (ma mai della destra, sia chiaro!). Insomma sull'impegno politico non c'è partita. Anche se poi i risultati sono gli stessi: il governo centrale (Letta, per intendersi) ce l'abbiamo noi come ce l'avete voi. Sulla regione, se possibile, attualmente state messi peggio voi...ironia del destino. Sulle proteste di questi cazzo di forconi io la mia idea me la sono fatta ed è grosso modo come la tua. L'altra sera ho parlato con (Omissis) dicendole che anch'io ho paura. Ed ho paura soprattutto perché, in questo momento, ci sarebbe anche il leader populista a disposizione per raccogliere le varie incazzature. Questo leader è quel pazzo criminale di Beppe Grillo...che dio lo fulmini. C'è gente disperata, questo non lo nega nessuno. Più o meno come noi. Solo che, dal nostro punto di vista, stanno dalla parte sbagliata perché sono dei fasci. Sono giorni che mi chiedo, ma se avessero avuto le bandiere con falce e martello, staremmo qui a scandalizzarci lo stesso? non lo so. Tornando a loro: credo che tanti siano poveracci perché hanno fatto il passo più lungo della gamba: si sono voluti comprare casa accendendo un mutuo senza poterselo permettere, si sono indebitati finanziando l'acquisto di una TV da 1 milione di pollici e di una macchina fuori misura. E adesso giustamente non ce la fanno a pagare...io sai cosa gli direi a questi: cazzi vostri. Io le tue cazzate non le pago! Io se non posso mermettermi un auto, non me la compro e sono a casa con una TV che ho comprato dieci anni fa... E poi il leader dei forconi, quello salito sulla Jaguar...un ex imprenditore indebitato non si sa bene per quali ragioni. Ecco, questi sono pericolosi perché sono lontani da noi. Giusto il tuo auspicio "mettiamoci insieme e facciamo dimettere Cota" ma tanto non si avvererà mai e siamo qui, quindi (io stesso eh), a fare una guerra tra poveri. E, se possibile, è questa la cosa più pericolosa...perché fa il gioco di quella classa che invece dovremmo "combattere" per dirgli che ci siamo, i politici. Questa protesta non va da nessuna parte. Questa protesta non va da nessuna parte perché il problema dell'Italia non è lo stipendio dei politici, o Cota che compra le mutande, o le auto blu o le provincie Questo è diventato un argomento per prendere voti...Renzi ci vincerà le prossime elezioni e Grillo pure. Nessuno che dica come risolvere il problema degli ospedali che chiudono, nessuno che ci racconti come fare con le scuole, nessuno che ci sappia dare una soluzione per il problema dell'occupazione che non sia la cassa integrazione. Queste sono le cose che, in prospettiva, affameranno i nostri figli....e noi che facciamo? andiamo dietro a quattro idioti... Ecco come la vedo io. Ecco perché guardo le immagini di Panettonia e mi viene da dire che sono tutti ridicoli: i Forconi con questo cazzo di (Omissis) e anche l'ANPI che fa la manifestazione al Municipio. Per non parlare di quel democristiano di (Sindaco di Panettonia). Sono tre parti che si scontrano mentre a Roma fanno il cazzo che gli pare e Renzi convoca la segreteria del partito alle 7.30 per poi chiedere a Cuperlo di fare il Presidente PD. E andiamo...
 Ciao Amico Mio. Scusa lo sfogo ma mi hai dato una preziosa occasione per mettere un po' in ordine dei pensieri.

 REAZIONE TRE (Signora G.H., libera professionista)
Caro Marcello, ho deciso che ti scrivo. Non sono venuta giovedì mattina perché avevo un impegno con altre persone che, all'ora in cui ho ricevuto la comunicazione, non sono più riuscita a contattare per provare a spostarlo. Ma anche perché francamente mi sta stretto il fatto che la protesta venga analizzata solo con una diagnosi di fascismo. Che sicuramente c'é: il 9 dicembre assume anche queste preoccupanti tonalità, lo abbiamo visto, lo vediamo ancora in questi giorni.
Troppo comodo e semplice però risolverla così, rischia di essere un buon modo per rimanere nelle proprie certezze, definizione di un "cattivo", e via. La gente, la gente come me, non ne può più. Il riferimento della mail precedente al fatto che protesta chi é ricco conferma la visione distorta della realtà circa il mondo del lavoro che la sinistra continua a coltivare. Non si vuole capire, perché fa comodo, e non se ne parla salvo rari casi (qualche volta il Corriere della Sera, guarda caso....), del fatto che il mondo del lavoro é cambiato. Ci sono i disoccupati, ci sono i giovani, ci sono gli ultra50enni con il culo per terra, e non c'é solo il lavoro dipendente. E il lavoro indipendente, da anni ormai, ma nessuno, o pochi, vogliono accorgersene, non sono solo gli avvocati, i notai, ecc. ecc., e non sono solo i ricchi commercianti, ma tante piccole partite IVA, per scelta o per necessità, parliamo di milioni di persone. E' per i giovani anche la strada per crearsi una occupazione, qualcuno si ritrova in un ricatto in questo senso, piccole aziende che obbligano a prendere la partita iva per non assumersi il rischio di un'assunzione. Ma é una parte, non si vuole vedere, e si coltiva l'ormai improbabile sogno del lavoro dipendente, di cui una sola parte tra l'altro é tutelata dallo statuto dei lavoratori, perché anche nell'impresa sotto i 15 dipendenti di tutele non ce ne sono.Non si vuole prendere in considerazione che può essere una scelta che ti permette di lavorare con la qualità che vuoi tu, e non con tempi e limiti imposti da un servizio pubblico che in certi situazioni (parlo del mio settore di lavoro) ti impone di lavorare con ritmi e tempi che rendono difficile una buona qualità di presenza nella relazione d'aiuto. Scelte di indipendenza non sono solo economiche, anzi, c'é molto da perderci. C'é una sperequazione nel lavoro autonomo e libero professionismo che fa paura, e che alimenta una rabbia forte, io sono arrabbiata nera. Nessuno ne parla, pochi, ma giusto per fartene un'idea: un libero professionista con l'ordine professionale paga all'Inps grosso modo il 14%, più il 4% alla cassa previdenziale del suo ordine professionale (non so se sia diverso e quanto a seconda degli ordini, ma grosso modo é così); un dipendente part time o un pensionato ex dipendente che ha la partita iva ne paga il 18%; un commerciante il 21%, un lavoratore autonomo il 24% (o viceversa, non ricordo); un libero professionista ne paga il 27,75%, con una progressione prevista dalla legge Fornero di 1 punto annuale fino a raggiungere il 33,75% tra 4 anni. C'é una diatriba che non sto qui a dirti sul fatto che questi ultimi (tra cui la sottoscritta) paghino in proporzione più dei dipendenti, ma a parte questo (dibattiti infiniti su quali siano i parametri che permettono di confrontare due realtà così diverse), sta di fatto che chi é iscritto alla cassa gestione separata Inps non riceve in cambio nulla, nulla, zero tutele, e una pensione che si sa sarà la minima (il lavoro autonomo é sotto il regime contributivo già da diversi anni). N.B. il mio reddito si aggira sui 25.000/27.000 € lordi, quindi di soldi all'Inps ne dò un bel pò, fai il conto percentuale. Spero di non ammalarmi, perché non ce la faccio a pagarmi una assicurazione sanitaria privata, sono fortunata perché ho il marito con il lavoro sicuro e lo stipendio fisso, spero di non divorziare da lui, perché con la mia pensione sarò povera (eppure il mondo del lavoro lo conosco da quando ho 14 anni).Gli ultra 50enni nella mia condizione si trovano in questo paradosso: giustamente, i giovani hanno una agevolazione per cui fino a 35 anni pagano un forfait di Irpef del 5% (parlo del lavoro come partita iva). Credo tu sappia che l'irpef normalmente si paga al 23% fino ai 18,000 € di reddito lordo, al 28 nella fascia seguente, e così via. Dunque, tu immagina quando enti pubblici danno incarichi facendo bandi, la cifra che può chiedere un giovane e quella che può chiedere un 50enne: io ho una tassazione irpef più inps più addizionali regionali e comunali che rasenta il 60%. Giustissimo dare condizioni ai giovani, non lo metto nemmeno in questione, ma vogliamo pensare ogni tanto a cosa produce tutto questo? I liberi professionisti della cassa gestione separata inps (cioé quelli senza ordine, a cui appartengono anche i cocopro, ma a loro sono state estese le tutele in caso di perdita di lavoro) sono chiamati le galline dalle uova d'oro dell'inps. Perché in cambio non hanno nulla (hanno esteso ultimamente qualcosa per la maternità, una miseria che tra l'altro spesso é difficilissimo ottenere, e se ho capito bene per la mutua, vincolata a quanto hai pagato nel corso dell'anno, ecc.: il massimo che puoi ricevere per malattia domiciliare, dopo i primi 4 giorni, é 21 € e qualche centesimo al giorno, cioé se ti ammali di qualcosa di grave e devi stare a casa, se ti va bene un mese, ricevi al massimo, forse, se ce la fai a superare tutte le burocrazie, 400 € ca.. Con i soldi versati dalla gente come me pagano le casse integrazioni, coprono il buco pazzesco portato dall'Inpdap (cassa dei dipendenti pubblici): i soldi per i dipendenti pubblici avrebbe dovuto versarli lo Stato, che non l'ha fatto. Capisci perché nella protesta c'é anche il lavoratore autonomo che nelle fantasia collettiva, soprattutto di sinistra, rimane "il ricco"? Ora l'Inps si sta interrogando: ha perso (se non ricordo male, comunque si parla di cifre significative) 7 miliardi da questa fonte, quella della cassa gestione separata, perché in molti hanno chiuso, non ce la fanno. Io stessa sto valutando di chiudere per l'inizio della prossima estate, quando avrò chiuso gli impegni che dovrò fatturare, perché mi sono chiesta che senso ha che debba fare i prestiti quando a novembre devo pagare l'ultima rata delle tasse dell'anno precedente e l'anticipo per il prossimo: prestito se ti ritrovi una volta nella vita a realizzare un viaggio,  prestito per aggiornarmi e far riconoscere istituzionalmente competenze acquisite per farcela a lavorare fino a 68 anni  Mi riciclo, a quasi 60 anni, senza pesare sulla collettività, per trasformare il mio lavoro rendendolo compatibile con le energie dell'età. Allora: 1. so di esser comunque fortunata, mangio, dormo, riesco a pagare l'affitto e quindi ho un tetto sulla testa, e sono contenta della mia vita. Ho ancora l'energia e la forza di finire di lavorare tutte le sere alle 19,30/20, quando serve di sabato, di reggere la flessibilità che il mio lavoro mi richiede. E con tutto questo, voglio sia chiaro, e lo scrivo a te perché sono abbastanza sicura che su questo tu non abbia dubbi, nemmeno lontanamente giustifico la violenza, il fascismo. Ma non sono d'accordo che tutto venga ridotto a questo, rischia di essere un modo per non voler vedere che il mondo non é più solo quello che abbiamo vissuto, che avevamo in mente; un modo per rifiutare e negare i cambiamenti nel mondo del lavoro, e legittimarli. Io sono stufa di sentirmi dire, quando porto queste ragioni (ma tu sei il primo a cui le porto in forma più approfondita, articolata, seppure di pancia) "ma voi potete evadere". Riconoscimi i miei diritti come tutti lavoratori, e portami in galera se evado. Punto. Però basta con questa ambiguità molto comoda: se rivendico dei diritti, la risposta é che tanto posso evadere. Allora, é la giusitificazione ad evadere? Una affermazione implicita: tu non mi chiedere nulla perché puoi evadere? altra affermazione che desterebbe incazzature, ma é così: io posso evadere dalle tasse; il dipendente può evadere dal lavoro. Solo che se lo dici passi per una seguace di Brunetta, che dice tutt'altra cosa, cioé che i dipendenti sono dei fannulloni. Chiunque di noi abbia lavorato nel pubblico sa che é vero che lì il lavoratore può evadere dal lavoro, così come sa che ci lavorano persone appassionate, preparate, e poco riconosciute nella loro professionalità dal loro stesso datore di lavoro, lo Stato, l'Ente Pubblico. E' questo che non accetto più, Marcello: le generalizzazioni sono pericolose e difensive, perché così non si guarda dentro, non si guarda nelle pieghe della complessità, e si divide il mondo, le categorie delle persone, tra buoni e cattivi. No, così il mondo non cambia, così ognuno difende solo i suoi piccoli cosiddetti privilegi (i grandi privilegi sono da un'altra parte e sotto gli occhi di tutti). Paolo Hutter, giornalista de "Il fatto quotidiano", quindi al di sopra di ogni sospetto, ha scritto un articolo molto interessante su queste proteste, se riesco te lo mando. E poi, per chi vuole saperne di più delle acque in cui si trova il libero professionismo "piccolo" (forse bisognerebbe cominciare a sapere che esiste!!!), vai sul sito di ACTA (associazione terziario avanzato),  che cerca di rappresentarci, di far presenti queste questioni, di dire che la rappresentatività deve esistere per tutte le categorie di lavoratori, non solo per i dipendenti (certa sinistra sente tutto ciò come un sacrilegio..). Lì potrai comprendere e approfondire, a partire da quella donna che da anni paga i contributi Inps come libera professionista, malata di tumore, e che fa la sua battaglia per avere qualche tutela (quel minimo che le si dovrebbe): perché lei deve comunque continuare a pagare il suo anticipo, e trovare la forza di lavorare in qualche modo. Ti porto uno spicchio, il mio, ognuno ha la sua storia e la sua difficoltà. Non vorrei tu la vivessi come una lamentazione, perché ribadisco che mi ritengo una fortunata. Ho la salute, mi dico che se chiudo la partita iva, ho le risorse per fare altro, mi tiro su le maniche, ho fatto tante cose nella mia vita. Non é un muro del pianto, ma bisognerà ben a un certo punto uscire dagli stereotipi e conoscere tutta la realtà, tutta, non solo a spicchi, non solo quello che ci fa comodo quando siamo noi quelli tutelati. Tutto questo, Cello, sia chiaro che lo scrivo e lo dico con la consapevolezza, e portando negli occhi e nel cuore il pianto di quell'operaio, di quell'impiegata, o altro lavoratore, che ne rappresenta tanti altri, che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, vorrebbe dare di più ai figli e non può. Io non ho un conto in banca, non posseggo nulla, ma alla fine del mese ci arrivo. Lui no. Davvero, non mi fraintendere. Allora, no alla violenza, alle prevaricazioni, ai limiti alla libertà altrui. Però, guardiamo bene a chi c'é in queste proteste, non c'é solo il movimento del 9 dicembre. Ascoltiamoli, tutti quelli che sono e che stanno scendendo in piazza, ci sono giovani, adulti con i loro figli, anziani. Dissociamoci da chi porta modalità inaccettabili per la nostra società civile, però non neghiamo l'esasperazione e la disperazione, guardiamoci dentro,  riconosciamo e assumiamo la complessità.
 E, per fugare ogni dubbio, aggiungo che nonostante sia davvero più impegnativo sotto ogni aspetto lavorare come faccio da 12 anni come libera professionista, non ho alcun rimpianto e nessun pentimento rispetto alla scelta fatta, e questo nonostante le tutele e le sicurezze perse.
Mi sono permessa questa lettera di pancia perché sei tu, scusa lo sfogo, un abbraccio
P.S- E per fugare altri dubbi ancora, scorata e delusa, ma ancora voto questa sinistra dalla quale, per quel che riguarda il lavoro, non solo non mi sento rappresentata, ma nemmeno riconosciuta.....

 REAZIONE QUATTRO (Signor I.L., lavoratore dipendente, terzo settore)
Vi inoltro quanto ho scritto a (Assessore del villaggio) dopo la riunuone della settimana scorsa in municipio a Valpopoli:
Con la presente vorrei ringraziare te ed il comitato per aver convocato l'assemblea di ieri sera e per l'attività che effettuate.
In merito a quanto emerso nell'incontro vorrei farvi pervenire alcune mie considerazioni.
Il problema urgente era ed è, il ripristino della legalità ed il vigilare attentamente rispetto alla presenza di una destra PERICOLOSA ed eversiva all'interno e a fianco, dei manifestanti.
Mi permetto, però, di proporvi di continuare l'approfondimento della situazione guardandola da moltepilici angolature. Fatta la premessa relativa ai rischi della destra unitamente alle inquietudini generate da un atteggiamento apparentemente ""morbido" delle forze dell'ordine ritengo occorra fere dei distinguo.
Molte delle persone, penso la maggioranza, presente alle manifestazioni non è politicizzata, non è di destra (e neppure di sinistra...) ma appartiene a quella galassia di cittadini e cittadine provate dalla crisi e soprattutto esasperate da una classe politica, tutta, impresentabile e attenta soprattutto ai propri interessi o a quelli delle categorie (lobbies) che rappresenta.
Nessuna forza politica (ed in parte anche sindacale) tradizionale negli ultimi anni è riuiscita a farsi portavoce del malessere estremo presente nella nazione, nessuno ha saputo avvicinarsi alla sofferenza e a trasformarla in una istanza propositiva. La destra """democratica""" ha vissuto succube di Berlusconi e della lega, la sinistra si è dissolta in una marea di rivoli derivati da faide interne e non ha saputo assolutamente occuparsi di quella che dovrebbe essere la sua mission, ovvero le classi deboli della popolazione; spesso si è relegata a ristretti circoli di radical-chic benpensanti. Il centro sinistra, per 20 anni, ha cercato di contrastare Berlusconi senza essere propositivo e soprattutto senza contrastare il berlusconismo anzi spesso essendone contaminato. Negli ultimi due anni l'appoggio del centro sinistra alle larghe intese, al governo delle banche, della finanza, della Fornero, ha fatto si che larga parte della popolazione facesse di tutta l'erba un fascio; quanta gente in questi giorni ha protestato per i blocchi ma invitato a manifestare "a Roma" essendo nel parlamento la causa della attuale situazione? Se facciamo un giro per strada o leggiamo i commenti sui social network, mi sento di dire almeno i due terzi della popolazione.  Aggiungiamo il fatto che ne la sinistra ne il centro sinistra hanno fatto nulla per contrastare o diminuire i cossiddetti privilegi di chi fa politica di mestiere, i lauti stipendi di parlamentari e consiglieri regionali, anche se sono una goccia nella voragine, in questi anni di crisi non possono non far gridare alla ingiustizia.  
Il sottoscritto ieri si è recato alla assemblea solo perchè considera i sindaci e gli amministratori gli unici baluardi istituzionali credibili e presantabili in quanto volontari al servizio della collettività,  non ho più alcuna fiducia nelle altre istituzoni a partire dalle Regioni (non cito le province perchè le considero già defunte..).
Alle ultime elezioni ho votato 5 stelle (non Grillo sottolineo) alle prossime, salvo improbabili distinguo dei parlamentari dal loro leader non li voterò più, non voterò più, non ritirerò la scheda perchè non rappresentato da nessuno. Vi chiedo, però, nelle riflessioni future di considerare anche il fatto che, a modo loro, i 5 stelle rappresentano un argine istituzionale a quella deriva di destra che tutti tanto temiamo, ci immaginiamo cosa succederebbe se al posto loro un estremismo eversivo potesse avere così tanto successo?
Concludo ancora ringraziandovi e scusandomi per la lunghezza di questa mail, ma soprattutto vi invito a continuare il dibattito per cercare di capire le ragioni di chi scende in piazza anche per evitare che quelle ragioni vengano monipolizzate da chi, di colore nero, non vogliamo mai più rivedere.

 REAZIONE CINQUE (Signor M.N., lavoratore dipendente, settore pubblico)
Sottoscrivo tutte le riflessioni. Quanto poco ci vuole a scatenare gli estremismi eversivi e squadristi, e quanta gente, grazie all'ignoranza (non so se avete avuto il piacere di sentire di alcuni cittadini del comune di Periferopoli, raccolte da Santoro la settimana scorsa) vanno ed andranno al seguito di queste, per ora, minoranze. Come avete detto tutti possono essere il volano dell'intera protesta della gente che non ne può più dell'immobilismo, dell'incapacità, della malafede della nostrana corrotta politica, malcontento peraltro, mai interecettato da nessuna parte politica. Meno male che ora la nuova lega di salvini ci propone di uscired all'eruo e mandare a casa i Napuli. Finalmente qualcosa di originale.

P.S.: quando si ricomincia finalmente a parlare di calcio e di (Omissis - sinonimo di "Pilu")?

sabato 14 dicembre 2013

CAMBIO, IN TUO ONORE

Ciao Madiba, torno ancora a parlare con te. Per dirti che dopo 6 anni ho cambiato l'intestazione del sito. Immagino riconoscerai la frase che compare qui sopra sotto il mio nome.

Township di Khayelitsha, Cape Town, Sudafrica, marzo 2008

giovedì 5 dicembre 2013

CIAO MADIBA, COME SONO TRISTE...

Ricordo un brindisi a casa di un amico, per celebrare la tua elezione a presidente del nuovo Sudafrica. Ricordo di avere letto la tua autobiografia "Lungo cammino verso la liberta" proprio durante il primo dei due viaggi che ho avuto la fortuna di fare nel tuo paese che, per quella piccola parte che ho potuto vedere, trovo meraviglioso.
Il tuo nome è da anni la risposta che darei a chi mi chiedesse chi considero un eroe.
Da mesi avevo messo da parte l'articolo che segue, perchè trovo che ti renda giustizia
Ciao.

In un momento così drammatico è giusto ricordare in cosa consiste la grandezza di quest’uomo rispettato, ammirato e venerato in tutto il mondo fin dagli anni ottanta.
Prima di tutto bisogna citare i 27 anni di prigione (a lungo in condizioni durissime) scontati per essersi ribellato alla segregazione razziale in atto nel suo paese. In secondo luogo c’è l’assoluta legittimità della sua battaglia – inizialmente non violenta e successivamente armata – contro il regime di apartheid che aveva condannato i neri a vivere come paria nel loro stesso paese, dominato da una minoranza bianca che non riconosceva loro alcun diritto. In terzo luogo ci sono la forza, la dignità e il coraggio con cui ha rifiutato per cinque anni le offerte di liberazione e di un ammorbidimento delle condizioni carcerarie in cambio di un appello alla rinuncia alla lotta armata. Infine (e soprattutto) c’è l’impegno profuso per evitare, una volta avviati i negoziati con il potere bianco nel 1990, che la volontà di fondare stati separati degli zulu e della corrente più radicale della minoranza bianca spaccasse il Sudafrica scatenando una guerra infinita.
Prima ancora di diventare il primo presidente del Sudafrica democratico (nel 1994), Nelson Mandela ha portato sulle spalle il destino del suo paese, animato dall’ossessione di non lasciar morire la speranza di una transizione pacifica tra il non diritto e lo stato di diritto. Per questo motivo ha frenato l’impazienza dei suoi partigiani, ha dato tempo a Frederik de Klerk (l’uomo che lo aveva fatto liberare) di convincere la popolazione bianca che bisognava abbandonare l’apartheid e ha perfino negoziato con i movimenti più razzisti e violenti, fino a convincerli ad accettare l’ineluttabile: un uomo, una voce.
Queste quattro ragioni sarebbero più che sufficienti a giustificare il mito che circonda Mandela, ma c’è dell’altro. La vera grandezza di Madiba consiste nell’aver saputo oltrepassare il risentimento e aver convinto la maggioranza dei neri a fare lo stesso, e nell’aver compreso che la più grande delle vittorie non sarebbe stata la sconfitta dell’avversario ma la saggezza di saper guardare avanti e non indietro.
Dopo tanti anni di ingiustizie e violenze, i sudafricani avrebbero avuto tutte le ragioni per non voler vivere insieme ai bianchi e spingerli ad andarsene. Sarebbe stato umano, troppo umano, ma quali sarebbero state le conseguenze? Persone che si erano stabilite da tempo in Sudafrica e non avevano un’altra patria sarebbero diventate apolidi.
Sarebbe stata una nuova ingiustizia, e il Sudafrica si sarebbe privato di quegli insegnanti, imprenditori, agricoltori, operai e medici di cui aveva bisogno per sviluppare la sua economia e che erano cittadini sudafricani tanto quanto lo erano i neri. Nelson Mandela, invece, ha saputo perdonare e costruire un paese che oggi continua a crescere e sta diventando una nazione forte e unita nella diversità.
(Bernard Guetta, Internazionale, Giugno 2013)

martedì 3 dicembre 2013

A PESTARE NEVE FRESCA...


 priva di titolo
 
 arrivo
 
 ma ci hanno preceduti

 panorama a 180° dalla cima, dal Viso al Rosa; al centro il panettone del Monte Servin

mercoledì 30 ottobre 2013

BISOGNA COMINCIARE QUANDO SONO PICCOLI!

Blanca e Noa, autunno 2011

«se riesci a far innamorare i bambini di un libro, o due, o tre, cominceranno a pensare che leggere è un divertimento. Così, forse, da grandi diventeranno dei lettori. E leggere è uno dei piaceri e uno degli strumenti più grandi della nostra vita».Roald Dahl

Oggi ho sentito una notizia interessante alla radio, diceva così: "un editore ha pensato a come aiutare chi, genitore o insegnante, si ritrova a doversi orientare nella giungla dell'offerta dei libri per ragazzi senza sapere bene da dove cominciare. E per farlo ha deciso di condividere la sua esperienza preparando un elenco con 12 titoli imbattibili, impeccabili, inimitabili."

Essendo un mangialibri, ma vivendo in una nazione dove 54 cittadini su 100 non leggono nemmeno un libro all'anno, ho pensato di diffondere la lista.

Roald Dahl, La fabbrica di cioccolato 
Luis Sepúlveda, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare 
Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe
Daniel Pennac, L'occhio del lupo
Jostein Gaarder, C'è nessuno?
David Almond, Skellig 
Roddy Doyle, Il trattamento ridarelli 
Silvana Gandolfi, L'isola del tempo perso
Jacqueline Kelly, L'evoluzione di Calpurnia 
Paul Van Loon, L'autobus del brivido 
Michael Ende, La storia infinita 
Uri Orlev, L'isola in via degli uccelli

giovedì 17 ottobre 2013

IO, PENTITO

Il Signor EmmeGi nella capitale sabauda, qualche giorno prima del fattaccio, febbraio 2013.

La prima cosa che succede quanto cade un regime è spesso l'abbattimento della statua del dittatore di turno. Abbiamo visto cadere statue di Lenin, di Saddam, eccetera. La caduta della statua, di per sé, non cambia in meglio la vita della gente. Che lo sa bene, ma la statua la butta giù comunque. Perchè abbattendo la statua abbatte un simbolo.
Perchè i simboli sono importanti.
Solo gli stolti possono pensare che una riduzione degli stipendi dei parlamentari da solo migliorerebbe lo stato dell'economia, ma siamo in molti a pretendere questo passo, che sappiamo bene essere simbolico.
Perchè i simboli sono importanti.
Ieri si celebrava il settantesimo anniversario della deportazione verso Auschwitz di 1259 ebrei dal ghetto di Roma, di cui 200 erano bambini. Alla fine sono tornati a casa in 16, nessuno dei bambini. (Se volete potete approfondire cliccate  QUI).
E proprio ieri il senato della repubblica italiana stava per approvare una provvedimento che avrebbe reso un reato la negazione dello sterminio degli ebrei. Stava per approvare il provvedimento con una scorciatoia, se ho capito bene. Tuttavia io non credo che sia necessario approfondire la comprensione di che cosa sia il negazionismo. Quindi non trovo scandalosa la scorciatoia, in questo caso. Ma qualcuno si è messo di mezzo, facendo saltare il provvedimento, che è stato rinviato e, molto probabilmente verrà approvato comunque tra un po'. Senza entrare nel merito del fatto in sé (qualcuno dice “abbiamo bisogno di punire chi esprime un idea, per quanto abbietta essa possa essere?!”, o ancora “una democrazia che rende reato l'espressione di un'opinione, non è una democrazia compiuta”) io trovo vergognoso che ci si sia messi di mezzo, nel quadro di una politica del “No a tutto ed a tutti”, o motivando la cosa con il fatto che non si intendeva inseguire l'approvazione a tutti i costi del provvedimento proprio ieri, perchè tale coincidenza era solamente simbolica. Come se non avessimo bisogno dei simboli, soprattutto su certi argomenti. Chi lo ha fatto ha dato un chiaro segnale politico. Si potrebbe pensare che di questo non si siano resi conto, che lo abbiano fatto con ingenuità, perchè sono nuovi dell'ambiente.
Forse, ma se così fosse sarebbe ancora peggio.

L'episodio di ieri, insieme a quello della settimana scorsa sul reato di clandestinità mi hanno portato a completare un percorso che per me è iniziato pochi giorni dopo le elezioni di febbraio.
Un percorso di pentimento.

Ho dato uno dei miei due voti a chi ha dimostrato in questi mesi di non meritarlo, l'ho fatto perchè mi ero illuso. L'ho fatto perchè nauseato dal livello degli altri partiti che peggiora, senza pause né segnali di ripresa, da almeno 20 anni a questa parte. 
Ho sbagliato, ho sbagliato di brutto. In questi mesi ho avuto moltissimi motivi per rendermene conto. Ormai da mesi mi sono cancellato dalla mailing list, che l'uomo forte di turno (di cui gli italiani hanno così disperatamente bisogno, e la storia lo dimostra chiaramente) usa per calare il verbo sul popolo bue. Ho cancellato il sito dal segnalibri di internet. Ciò non cambia la questione nel concreto, giustamente l'uomo forte di turno se ne può fottere.
Ma per me sono stati atti simbolici.
Ed i simboli sono importanti.

Non vi voterò più, nemmeno alle regionali, nemmeno al villaggio se vi presentate la prossima primavera. Non posso. Anche se so che molti sono mossi sinceramente dalla voglia di cambiamento. Non posso appoggiare a livello locale un movimento che a livello nazionale assume certe posizioni.
Siete come Mario Balotelli.
Una bella occasione sprecata.

sabato 12 ottobre 2013

LA SPOSA TUNISINA - ULTIMO GIORNO


Questa è l’ultima sera del matrimonio di Chakra. Lei lascerà la casa di famiglia per trasferirsi al villaggio del suo sposo, di fatto entrando a fare parte della famiglia di lui. E’ un momento forte dal punto di vista emotivo, non è solo il culmine della festa. Quando arriviamo a casa sua ci sono una ventina di persone, soprattutto donne, una è seduta in terra e suona un piccolo tamburo, molte cantano canzoni tradizionali. 


Lei indossa un vestito ancora diverso da quello delle sere prima, ma lo stile è sempre quello, tra fantascienza e Bollywood. E’ chiaramente emozionata, però sorride, e continuerà a farlo anche nel prosieguo della serata. Non abbiamo mai vissuto un matrimonio così da dentro, e non ho mai visto le spose sorridere così. Meno male, sono contento per lei, mi pare una brava ragazza. Giorni fa ci ha detto che lui la chiese in sposa già anni fa, ma lei rifiutò. Poi ha cambiato idea, si narra che lui sia una gran lavoratore (“Ed è anche gentile”, ha aggiunto, quasi come a sottolineare il fatto che ha avuto fortuna, che non sia scontato il fatto che ti sposi con uno che poi ti tratta bene). Facciamo un po’ di foto, anche con Moni che riesce a fare due chiacchiere con lei (la sintesi è “Chakra, hai paura?” “Bien sur, Monique...”). 



Riesco a scambiare un paio di battute con J,. mi parla un attimo del suo lavoro, sono contento per lei, anche se è una donna dal sorriso triste. Improvvisamente però cambia il tono della conversazione, lei e Monia parlano fitto fitto, vedo che la madre di J. sta dicendo qualcosa, e Monia che le risponde decisa. Più tardi saprò che la madre stava dicendo alla figlia di tornare con il marito, un altro che alzava le mani, dal quale ha divorziato. Lei ci sta pensando “per il bambino”, dice a Monia, la quale pensa che se lei torna indietro questa volta lui “non la picchierà, l’ammazzerà...”. Mi ha sempre colpito questo fatto per cui sovente sono le madri le figure che portano avanti la tradizione, mettendo apparentemente in secondo piano la felicità dei propri figli o figlie. Cerco di stare attento a non giudicare una cosa che non conosco, però devo fare questa constatazione.

 Dopo una mezz’oretta improvvisamente aumenta il brusio, sta arrivando il corteo con lo sposo! Rapido conciliabolo con la moglie per organizzare il controllo delle figlie, per qualche minuto ci sarà un po’ di bordello nel cortile. Lo sposo arriva accompagnato da una moltitudine, in mano un mazzo di gelsomino. Con lui ci sono anche i due musici della prima sera. Incenso, fumo, urla, musica, canti. Fotografo ufficiale e operatore video. Piano piano lo sposo si avvicina a Chakra, le consegna il mazzetto di fiori, poi i due restano uno accanto all’altra mentre si scatenano le danze, se capisco bene sono danze di saluto della famiglia della sposa, ci sono tutti i fratelli e le sorelle di lei. Bello.




Saliamo in macchina, in otto bambini compresi, siamo parte del corteo, e ci diamo intensamente con il clacson. Linda, la nipote di Monia, dice che siamo la macchina più rumorosa. Il corteo di auto passa di fronte alla moschea di un villaggio vicino, come segno di augurio, poi in una decina di minuti arriviamo al villaggio dello sposo, ci sono parecchie case a due piani, molti degli abitanti lavorano in Francia, Monia lo descrive come un posto di brave persone, grandi lavoratori. Ci addentriamo nelle strade del villaggio, fino a giungere al cortile… che non è un cortile, è una piazza intera! 


La musica sfonda le orecchie, sembra un concerto dei Motorhead, ci saranno centinaia di persone, tutto il villaggio è presente, momenti di casino indescrivibile, qualcuno prova a sparare dei fuochi d’artificio, che cadono addosso alle persone… Urla, applausi, fischi, bambini. Gli sposi salgono sul palco, dove ballano entrambi sorridenti, e sotto di loro il solito bordello. 



Emerge prepotentemente la figura di un omone sui sessanta anni. Lo avevo già notato l’altra sera a casa della sposa, sembrava uno che la sapeva lunga, si esprimeva con gesti imperiosi, indicando agli altri dove andare, cosa spostare, da che parte passare. Pensavo che si esprimesse a gesti perchè tanto nel casino parlare è inutile. In realtà è muto. Ha un faccione simpatico, sorride sempre. Durante i concitati minuti che seguono l’arrivo degli sposi sotto il palco c’è un casino storico, entrambe le famiglie vogliono salire per ballare, ma non c’è posto per tutti, allora il magnifico si mette a gesticolare, tende il braccio per dare indicazioni, protesta, gesticola, polemizza. Come se qualcuno lo potesse ascoltare in mezzo a questo inferno di decibel. Un genio. Lo capiranno tra cento anni. 
 

 
Blanca è stanca morta, la musica è talmente forte che temo un po’ per i timpani delle figlie. Faccio ancora qualche foto, poi rientriamo a casa.
Buona fortuna, Chakra.
FINE

mercoledì 9 ottobre 2013

LE SUE PAROLE HANNO PARLATO PER ME

"La differenza sta nel fatto che Zisis sa spiegare molto meglio le cose che penso anche io, quelle che io non riesco a esprimere, anzi che mi si bloccano dentro"
(Petros Markaris, "La resa dei conti", ultima pagina).

Per giorni ho cercato le parole. Non perchè dovevo dire qualcosa, perchè volevo dire qualcosa. Mi venivano in mente solo cose tipo, rabbia, indignazione, vergogna, impotenza. Vere, anche se non particolarmente originali. Ho letto e ascoltato, commenti più che cronaca. Ma quello che volevo esprimere non si trasformava in parole.
Poi ieri ho letto questa cosa. Ci aveva pensato lui a scrivere quello che avrei voluto dire io. Lui è Massimo Gramellini.

Questa sera vi racconterò la storia di Kebrat, una ragazza di 24 anni con i capelli ricci, di un nero che tende al rosso.  
Giovedì mattina, credendola senza vita, l’hanno adagiata sulla banchina del porto di Lampedusa accanto ai cadaveri, avvolta come un pacco regalo in un foglio di alluminio dorato da cui spuntavano solo le braccia unte di nafta. Aveva la pancia talmente gonfia di acqua e gasolio che, oltre che morta, sembrava incinta. 
Poi all’improvviso Kebrat ha aperto gli occhi e dopo una corsa in elicottero è approdata in un ospedale di Palermo. Tutta tremante, con un filo di voce dietro la mascherina dell’ossigeno, ha raccontato a un’infermiera la sua avventura. 
Kebrat è scappata dall’Eritrea con un gruppo di amici. È scappata da un dittatore sanguinario che spedisce i dissidenti a lavorare in miniera come schiavi e ha trasformato l’antica colonia italiana in un carcere dove le guardie di frontiera sono autorizzate a sparare addosso ai fuggiaschi. Eppure Kebrat ce l’ha fatta. Ha attraversato il deserto del Sudan, prima a piedi e poi su un camion, e dopo due mesi inenarrabili ha raggiunto il porto libico di Misurata. Ha guardato il mare e la bagnarola che stava per salpare, senza neanche sapere dove l’avrebbero portata. L’importante era andare via. Ha consegnato i risparmi familiari di una vita allo scafista tunisino che si faceva chiamare The Doctor. E prima di partire ha indossato il vestito della festa.  
Durante il viaggio non ha mangiato nulla. Ha bevuto acqua di mare perché c’era il sole e aveva tanta sete. Ogni tanto ha pregato Dio con gli altri profughi in tutte le religioni possibili. 
Alle tre di notte di giovedì il mare era grosso, e appena in lontananza è apparsa la terra a Kebrat è scappato da ridere. I suoi brothers, come i profughi eritrei si chiamano tra loro, sventolavano le magliette in segno di giubilo.  
Ma a mezzo miglio dalla costa il motore si è rotto. Kebrat non ha avuto paura: vedeva le luci dell’isola e delle altre barche. Un peschereccio si è avvicinato, poi è andato via. La ragazza ha urlato, ma quelli non sentivano o non volevano sentire. (Kebrat non sa che in Italia chi aiuta un profugo rischia l’avviso di garanzia per favoreggiamento. E non sa nemmeno che il Frontex, l’organismo europeo di pattugliamento che ci costa 87 milioni l’anno, è talmente sofisticato da non vedere un barcone di legno a mezzo miglio dalla costa).  
È stato allora che qualcuno, per attirare l’attenzione, ha dato fuoco a una coperta. Hanno provato a spegnere le fiamme con altre coperte e con l’acqua di mare, ma è stato inutile. Così è arrivata la paura, tutti gridavano, si stringevano, si spostavano dall’altra parte del barcone, che ha cominciato a ondeggiare. Quando ha visto un suo amico ridotto a torcia umana, Kebrat ha trovato il coraggio di gettarsi nell’acqua gelida.  
Ha visto donne che cercavano di tenere a galla i loro bambini, le ha viste affondare nel buio. Sembrava che salutassero, finché le braccia andavano giù.  
Poi non ha visto più niente. Con in bocca il sapore del gasolio e del sale, riusciva solo a sentire le urla: come di gabbiani, ma erano persone. Ha nuotato, prendendo a schiaffi l’acqua per ore. Quando era allo stremo, a malincuore si è tolta l’abito inzuppato, pensando che il suo peso l’avrebbe portata a fondo. A quel punto è svenuta. 
Ora è qui, nell’ospedale di Palermo, in prognosi riservata per lesioni gravi ai polmoni. Del vestito della festa le è rimasta solo la parte superiore del reggiseno, sulle cui coppe aveva scritto i numeri di telefono dei familiari. 
Ma l’infermiera che ha ascoltato la sua storia non sopporta che Kebrat rimanga nuda. Raggiunge il suo armadietto, afferra una maglia bianca, la taglia e la adagia sopra di lei. “Prendila tu, a me non serve”. 
Stasera andrò a letto chiedendomi come fa il mio Paese a ritenere giusta una legge che considera Kebrat una criminale, colpevole del reato di immigrazione clandestina, punibile con l’espulsione immediata e la multa fino a 5mila euro. 
Buonanotte.

domenica 6 ottobre 2013

IN UNA PAUSA DEL MATRIMONIO

Stamattina ho fatto un giro per il villaggio, ma non l’ho visto, così ho chiesto a Monia di chiamarlo, che gli dicesse di passare da casa. Verso le 5 se ne arriva, così scendo al caffè e gli porto i biscotti che ho comprato per i suoi figli, e facciamo due parole. Dopo un po’ gli dico “ho trovato gente che rimpiange Ben Alì”, allora lui, che ha conosciuto il bastone del regime, mi dice “la rivoluzione non si è completata, ci sono uomini che avevano ruoli di responsabilità nel regime, e che hanno interesse all’instabilità, perché la stabilità porterebbe a dei processi nei loro confronti per i crimini che hanno commesso. Una rivoluzione riesce se porta ad un vero cambiamento del sistema, se la si pianifica, se i capi si fanno dei calcoli prima di cominciarla. Se si hanno almeno 80-90% di possibilità di riuscita si può fare, altrimenti occorre pazientare. Lo dice anche il Corano – se non ci sono tali condizioni le rivolte sono vietate! - dopo la rivoluzione del 2011 mi è capitato di parlare alla moschea dopo la preghiera del venerdì (è la più importante della settimana) ed ho detto queste cose, mi hanno mandato via! Cosa abbiamo ottenuto? Siamo passati da un ladro a 11 milioni di ladri! Ora non c’è il controllo, possono rubare tutti”

 

E lo dice uno che avrebbe molti motivi per gioire della fine del regime, che non aveva la mano tenera con chi era sospettato di essere un integralista.
Poi, senza preavviso, alza il vestito e mi mostra le cicatrici che ha sulle gambe, ricordo delle torture della polizia. Sono i segni degli accendisigari. Mi racconta, soprattutto a gesti, che lo hanno portato nei sotterranei del ministero degli interni a Tunisi (“là sotto c’era un odore terribile”), lo hanno appeso per le mani e picchiato giorno e notte, per una settimana. Interviene anche Nabil, il fratello di Monia, il quale mi racconta che il barbuto era talmente controllato che anche al suo matrimonio c’erano i poliziotti a sorvegliarlo. Nabil andò a prenderlo per portarlo ad una delle feste del matrimonio stesso, e la polizia li fermò “Ma non hanno mai trovato niente, perché io non facevo niente…”.
Il fatto dei controlli meno severi da parte dello stato è un discorso che ritorna nei discorsi delle persone, in effetti. Lo dice sia chi rimpiange il regime precedente, sia chi appoggia il cambiamento. Però il concetto di “controllo severo” è sempre questione di punti di vista, perché invece io resto colpito dal fatto che qui in banca si entra come in un qualsiasi negozio, che le porte delle gioiellerie sono aperte, che il traffico è una bolgia, quello si che è senza controllo, ma in questo nulla è cambiato.

martedì 1 ottobre 2013

LA SPOSA TUNISINA - GIORNO DUE


Il palco è stato allestito nel cortile di fronte la casa della sposa. Sul palco hanno portato il trono, sul quale lei siederà quando giungerà alla festa. Dall'altro lato è montato il mixer del deejay, partecipammo al suo matrimonio anni fa, lo andammo a prendere a casa con la nostra macchina. Ci riconosciamo subito a vicenda, la stretta di mano è vigorosa. Di fronte al palco è stato montato un finto vialetto, con finte fontane e finte piante.

 
 
 
Noi siamo qui da una mezz’ora. Le donne di qua, gli uomini dietro, come sempre. Proprio davanti al palco ci sono quattro anziane signore, tra le quali Habiba la mamma di Monia, sono un quadretto bellissimo; non mi faccio scappare l’occasione e le fotografo. La musica è fortissima, loro quattro stanno lì placide, come se niente fosse. Che belle!
Fino all’arrivo della sposa niente di rilevante, musica spaccatimpani, penso che a Pantelleria, che è a 100 km da qui, la sentano agevolmente. Tutti restano seduti; l’unico che balla sorridente è Youssef, il bimbo di Wassila. 


Anche oggi la sposa deve avere passato parecchie ore dalla parrucchiera/truccatrice, perché il trucco che esibisce quando arriva alla festa non lo si improvvisa tra amici in un quattro e quattr’otto… Chakra arriva con la macchina del Bresciano, le vanno incontro con l’incenso, lei percorre il finto vialetto che porta al trono, dove stasera siederà sola, la presenza dello sposo non è prevista. Oum Habiba, la mamma di Monia, la accompagna per mano. A fatica sale gli scalini, nel frattempo si scatena un po’ di putiferio, molti si sono alzati per ballare, mi pare siano soprattutto i parenti. Lei dopo un po’ si siede, muoversi dentro quell’enorme vestito non dev’essere facile. Lo si affitta dalla parrucchiera, la stessa che ti trucca e ti fa trucco e capelli per le varie fasi della festa. 


  


Si balla sia sul palco che sotto, sempre e solo donne per un bel po’; solo dopo una mezz’oretta due ragazzi si gettano nella mischia. E sono un casino bravi. Nel complesso lo spettacolo mi piace, la musica non è male; il deejay in questo periodo dell'anno – la stagione dei matrimoni - vive il suo momento di gloria professionale: a tratti prende il microfono e urla un po’: “Yalla! Yalla! Arussa! Arussa!” 
 

 
Si vedono evidenti differenze nell’abbigliamento delle ragazze, di alcune si vede solo il viso, altre sono all’occidentale, con la gonna nemmeno lunga. In alcune il Signor EmmeGi ravvisa le caratteristiche del pane fresco, buono come poche altre cose al mondo. Qualche altra ragazza è vestita in maniera molto vistosa, come dire, kitsch. Moni è seduta poco più avanti di noi, di fronte a lei una ragazza con il visto un casino triste, è un volto famigliare ma non ricordo chi sia. Scopro più tardi chi è e che cosa le è successo. Il fratello, un poco di buono che non può più sfogarsi sulla moglie che lo ha lasciato dopo avere fatto il pieno di botte, qualche mese fa l’ha picchiata con una bottiglia di vetro, lei ha una lunghissima ferita su un braccio. Ogni tanto passa qualcuno, mi saluta, mi stringe la mano, ci scambiamo un come va, poi se ne va; passa una bambina sconosciuta, viene a baciarmi, poi fa lo stesso con Blanca. Moni è vestita con un abito di Monia, nello stile locale, anche lei balla in piena mischia. 


La sposa scende dal trono e percorre avanti e indietro, con un viso non proprio felice, l’orrido vialetto finto a beneficio del cameramen e del fotografo ufficiale. Poi però balla contenta in mezzo alle amiche ed ai famigliari (ha 12 fratelli e sorelle!), certo che con quella maschera di cerone è quasi irriconoscibile, o meglio così conciata mi pare uguale ad altre spose già viste in altre feste. Nel frattempo i bambini hanno occupato il trono della sposa, una bimba ci si è seduta paciosa. Faccio ancora qualche foto, poi io e Blanca andiamo a casa per mano. E la musica va, ma s’interrompe poco dopo il nostro arrivo in camera. Una voce maschile fa l’elenco al microfono dei doni in denaro per la sposa, sento anche un tentativo di pronunciare il mio nome. Buonanotte alla sposa. (CONTINUA...)






sabato 28 settembre 2013

REPORTAGE DA ALEPPO

Tunisini al mercato, settembre 2013

 Gabriele Del Grande è stato ad Aleppo, in Siria, tra il 3 e il 13 settembre 2013. Ha viaggiato solo con civili siriani, senza appoggiarsi né all’esercito né ai ribelli. Ha scritto un diario in quattro puntate. Le ha pubblicate Internazionale (il più bel giornale che ci sia)

venerdì 27 settembre 2013

LA SPOSA TUNISINA - GIORNO 1 - PARTE SECONDA


In realtà la sposa resta ben più del previsto dalla parrucchiera. L’allarme per andarla a prendere suona alle 16. Il minicorteo è formato dalla macchina del Signor Emmegi con moglie e figlie sul sedile posteriore, Monia, le sue nipotine Hanin e Kenza sul sedile anteriore; segue la Golf di un locale che lavora a Brescia; all’entrata di El Mida il minicorteo improvvisa un po’ di casino, dandoci di clacson il più possibile. 

 

La sposa è trasformata, è talmente truccata che sembra una diva di Bollywood . Arriviamo a casa sua producendo più decibel possibile con i clacson delle due auto. La famiglia la accoglie con il braciere dell’incenso, la musica, i tipici urli delle donne. Per un po’ si balla, essenzialmente le donne. Dopo un po’ ce ne andiamo brevemente a casa, a prepararci per il clou del pomeriggio, l’arrivo del corteo dello sposo. 
 

Improvvisamente un urlo: “arrivano!”, il corteo è comparso in fondo al rettilineo che porta al villaggio, tutti corrono fuori di casa. Il corteo è formato ad una ventina di auto, camionette, moto, camion, furgoni, e tutti che suonano, urlano, gridano, alzano lo stereo al massimo. Hanno portato tutti i doni della famiglia dello sposo. Si sono portati due musicisti che ci danno di piffero\trombetta e tamburo. 



Una volta che il corteo dei parenti dello sposo ha portato dentro l’oro e tutti i doni, per una mezz’oretta si scatenano le danze, sotto la regia del deejay, la musica pompa che è un piacere, unico maschio partecipante al ballo è lo sposo, viene rispettato lo schema “femmine di qua, maschi di là”, battitore libero il Signor Emmegi, con due macchine foto al collo. La Signora Gi partecipa alle danze. 
Nella calca incontro J., una donna che abbiamo conosciuto ragazzina nel 1992, molto studiosa, ci piaceva un casino. Purtroppo dopo tanto studiare si è sposata male, per meglio dire la sua famiglia l’ha fatta sposare male, ora è divorziata, dopo avere incassato un fracco di botte, il marito la picchiava anche in pubblico. Per lo meno lavorativamente le è andata meglio, ha un lavoro di responsabilità per il ministero dell'istruzione a Nabeul, da poco è stata promossa dirigente . Mi piacerebbe potere parlare un po’ con lei, avere il suo punto di vista sulla situazione del suo paese dopo la rivoluzione. 

 


 

Intanto in cucina fervono i preparativi per il cous cous collettivo, le signore che lo preparano sono un casino simpatiche, anche se non ci capiamo manco per niente. E' incredibile come siano riuscite a fare un cous cous così buono per così tante persone. Per primi vengono serviti i maschi, grandi e piccini, e le donne tutte sedute ai loro posti. Poi tocca a loro, e i maschi fuori dal cancello. 


 


Durante la cena la sposa viene condotta nella stanza dove sono stati accumulati i doni per gli sposi. Il Signor EmmeGi viene invitato a fare una foto. Ed esegue il compito con il consueto entusiasmo. Nel frattempo è arrivato un giovane uomo con cartellina, colui che registra il contratto di matrimonio, davanti a lui si siedono gli sposi e alcuni uomini, probabilmente i testimoni. Certo, in questa situazione siamo un pò delle mosche bianche (anche se molti ci sonoscono da anni)  non bisogna temere di essere al centro dell’attenzione e venire osservati, specialmente se si è donna, in quel caso la radiografia è pressochè continua.


Terminato il contratto, il corteo della famiglia dello sposo riparte al contrario, portando via verso la futura casa degli sposi tutti i doni, sia quelli portati da loro che quelli acquistati dalla famiglia della sposa, il corteo che porta i doni verso le auto è accompagnato dai due musici assoldati per l’occasione dalla famiglia dello sposo, che suonano a stecca. La sorveglianza della bambina dal nome spagnolo è come al solito ardua, la figlia tende a volere esplorare il mondo circostante, dimenticando regolarmente di avvisare i genitori dei suoi allontanamenti. Il Signor EmmeGi è contento della curiosità della figlia, ma dicesse quella parolina giusta al momento giusto!






Una volta che il corteo è ripartito scende la calma, insieme alla sera che viene. Monia ha trasferito la nostra quota di cous cous a casa, dove mangiamo in tranquillità, lontano ma non troppo dal casino della festa, che sento continuare dal balcone, dove sono uscito a scrivere. Per oggi basta così, solo Noa torna ancora alla festa dopo cena, per mano a Monia. (CONTINUA...)