sabato 20 febbraio 2010

IN QUESTI GIORNI




17 Febbraio: letture con grand maman 1-2-3-4

Granero e Meidassa nel vento di neve

Il pennacchio del Frioland

Un salto nel bosco di casa

Fiaccolata all'Inverso di Torre Pellice

domenica 14 febbraio 2010

GIANGI E IL RAPACE

Ieri mattina ho fatto un giro sopra casa con la ciaspole. Con me c'era un amico, noto ornitologo locale. Ad un certo punto ci è passato sopra la testa questo rapace. Per un paio d'ore abbiamo coltivato l'illusione di avere visto un gipeto, per via della cresta bianca. Poi anche il mio amico, forte della sua scienza, ha dovuto ripiegare sul fatto che avevamo visto un'aquila. Gran bel ripiego, comunque...

Sono 5, scendono ogni giorno vicino a casa a cercare cibo sotto la neve, oggi sono andato a salutarli





martedì 9 febbraio 2010

UN ANNO FA.

Diciassette anni e ventuno giorni fa, un sabato notte di un gennaio gelido, una splendida ragazza di 21 anni tornava a Lecco, a casa, alle tre e mezza del mattino. Era stata con gli amici al Kalcherin, un locale di Garlate. Guidava lei la Bmw del padre, era sola. L'asfalto ghiacciato. L'amico che guidava l'auto dietro la sua e che la scortava a casa («Ti accompagno io, lascia la macchina qui», «No grazie poi come faccio a riprenderla, guidiamo ciascuno la sua, tu magari mi segui») ha visto nella luce dei fari il testacoda, sparire e riapparire l'auto nel cono della luce dei suoi abbaglianti, ha sentito lo schianto contro il muro e il terrore nelle vene, buio, luce, buio, niente. Andrea, l'amico, è stato l'ultimo a vedere Eluana come tutti l'abbiamo impressa nella mente, come nella foto qui accanto, com'era quella sera: la chioma nera, il sorriso pieno di denti, gli occhi audaci venati di malinconia. L'ultimo a vederla viva. Vent'anni, quasi vent'anni sono passati. Com'eravate voi vent'anni fa? Cos'era delle vostre vite allora? Chi amavate, con chi uscivate la domenica, che musica mettevate nel giradischi, che cosa vi aspettavate che non è successo mai? Diciassette anni, quasi venti. Riuscite a ricordare il gennaio del '92? E il 18 gennaio: avete per caso un ricordo di quel giorno? Può darsi: magari era per voi una ricorrenza, un giorno per qualche ragione speciale. Siamo tutti molto cambiati, il mondo attorno e dentro di noi. Beppino e Saturna Englaro no, si sono fermati. Eluana è morta quel giorno.
In queste settimane di delirio indecente in cui ogni cosa si è detta e si è sentita, in cui la politica ha preso possesso di una tragedia di cui per anni - pur chiamata a farlo, invitata per scritto - si era disinteressata, nessuno ha detto la sola cosa che avrebbe avuto senso e che difatti Beppino Englaro ha mormorato poche ore fa: venite a vederla. Chiunque di voi abbia assistito un malato terminale, una persona in coma sa di cosa stiamo parlando. Siamo in tanti, siamo quasi tutti. Vogliamo dirlo? Diciamolo, finalmente. Il respiro diventa un rantolo. La pelle ingiallisce. Il ventre si gonfia. I piedi e le mani si atrofizzano, gelano. In poche settimane, provate a immaginare in 17 anni. Chi ha visto Eluana, in questi giorni, ha raccontato. Un corpo di carta velina. Una donna di quasi quarant'anni a cui non è accaduto niente della vita: niente se non restare immobile in un letto alimentata artificialmente da una sonda. Un fantasma. Suo padre, il migliore dei padri, non ha voluto che nessuno sapesse com'era diventata. Sua madre si è ammalata quel giorno, è morta in silenzio con lei. Solo pochi anni fa non sarebbe stato possibile.
La morte secondo natura di cui parla la Chiesa sarebbe intervenuta subito, quasi subito. La scienza, però. La stessa scienza a cui si impedisce di usare il sapere per la riproduzione e per la cura, quella stessa scienza ha tenuto il corpo in vita. Vita? Ciao, Eluana. Adesso sei in pace. Lasciali dire, lasciali strillare. Ti hanno usata per una battaglia di potere, pensa che sconcezza. Tu vai, per fortuna. Noi restiamo, ci tocca farlo. Restiamo con tuo padre, un grande uomo, e con tua madre, che da molto tempo è già con te. Restiamo qui e tu resti con noi.
Concita De Gregorio, Direttrice de L'Unità

lunedì 8 febbraio 2010

LA STREPITOSA. Testa di Garitta Nuova da Sampeyre, Val Varaita

Salita, si intravede a sinistra il cane che si è autoadottato per la gita

Traccia di salita

Arrivo in vetta, salita dalla Val Po.

Massimo, Peppe, Cello, il Drago. E l'aria gelida.

Dalla cima. A destra la Testa di Cervetto; a sinistra su tutto e su tutti svetta il Drago.

L'inizio del godimento.

Peppe.

Un incrocio di destini.

Compagni di gita.

martedì 2 febbraio 2010

Gite di Ciaspole, finalmente!

Andrea e Massimo sopra il Col Lazarà

Verso il Col Clapier

Salendo al Col Clapier

Embè?!

Discesa dal Lazarà

LA PORCATA DELLA SUINA

Statisticamente è più facile morire nel centro di Milano stritolati da un calamaro gigante con la pipa e la sciarpa del Milan che di influenza A. Nonostante questa evidenza, il ministero della sanità italiano ha acquistato 24 milioni di dosi di vaccino per 184 milioni di euro stipulando con la Novartis un contratto che persino un caporale di Rosarno avrebbe considerato troppo iniquo. Nell’occasione, gli italiani si sono rivelati meno fessi del previsto: magari guardano il Tg1 e credono che Craxi era un santo. Magari guardano il Tg5 e sono convinti che c’è il boom economico. Ma quando si è trattato di farsi il vaccino si sono così espressi: Marameo (44,3 %), Vaccinati tua sorella (30,7%), Manco se mi paghi (14%), Vaffanculo (7,1 per cento, quasi tutti medici), mentre il 3,99 per cento è corso alla asl a farsi siringare. Si dovrebbe considerare quest’ultima cifra come l’effettivo gradimento al governo e ai suoi terrorizzanti mass media. Per le grandi aziende farmaceutiche è stato un regalo prezioso, e se ne potrebbe trarre lezione per il tanto atteso rilancio economico. Tipo: se non compri una macchina entro marzo morirai tra atroci sofferenze. Ora, questo paese caritatevole ed enormemente buono che è l’Italia ha deciso di regalare il 10 per cento delle dosi acquistate all’Oms, che dovrebbe girarle ai paesi poveri. Ma i poveri dei paesi poveri, pur di rompere i coglioni e di remare contro non si ammalano nemmeno loro di influenza A. Preferiscono morire di fame, o in mare cercando di venire qui, o bastonati dalla brava gente di Rosarno, o sparati dalla camorra a Castel Volturno. Noi non siamo un paese razzista, ma loro sono proprio delle merde. Ora il sistema-Italia si trova con 23 milioni e 173.000 dosi di vaccino sul groppone, che scadono a dicembre 2010, tra 348 giorni. Per sfruttarle iniettandole tutte al ministro della sanità gli si dovrebbero fare 66.589 punture al giorno da oggi fino a Capodanno. Pensiamoci, perché no?