Diciassette anni e ventuno giorni fa, un sabato notte di un gennaio gelido, una splendida ragazza di 21 anni tornava a Lecco, a casa, alle tre e mezza del mattino. Era stata con gli amici al Kalcherin, un locale di Garlate. Guidava lei la Bmw del padre, era sola. L'asfalto ghiacciato. L'amico che guidava l'auto dietro la sua e che la scortava a casa («Ti accompagno io, lascia la macchina qui», «No grazie poi come faccio a riprenderla, guidiamo ciascuno la sua, tu magari mi segui») ha visto nella luce dei fari il testacoda, sparire e riapparire l'auto nel cono della luce dei suoi abbaglianti, ha sentito lo schianto contro il muro e il terrore nelle vene, buio, luce, buio, niente. Andrea, l'amico, è stato l'ultimo a vedere Eluana come tutti l'abbiamo impressa nella mente, come nella foto qui accanto, com'era quella sera: la chioma nera, il sorriso pieno di denti, gli occhi audaci venati di malinconia. L'ultimo a vederla viva. Vent'anni, quasi vent'anni sono passati. Com'eravate voi vent'anni fa? Cos'era delle vostre vite allora? Chi amavate, con chi uscivate la domenica, che musica mettevate nel giradischi, che cosa vi aspettavate che non è successo mai? Diciassette anni, quasi venti. Riuscite a ricordare il gennaio del '92? E il 18 gennaio: avete per caso un ricordo di quel giorno? Può darsi: magari era per voi una ricorrenza, un giorno per qualche ragione speciale. Siamo tutti molto cambiati, il mondo attorno e dentro di noi. Beppino e Saturna Englaro no, si sono fermati. Eluana è morta quel giorno.
In queste settimane di delirio indecente in cui ogni cosa si è detta e si è sentita, in cui la politica ha preso possesso di una tragedia di cui per anni - pur chiamata a farlo, invitata per scritto - si era disinteressata, nessuno ha detto la sola cosa che avrebbe avuto senso e che difatti Beppino Englaro ha mormorato poche ore fa: venite a vederla. Chiunque di voi abbia assistito un malato terminale, una persona in coma sa di cosa stiamo parlando. Siamo in tanti, siamo quasi tutti. Vogliamo dirlo? Diciamolo, finalmente. Il respiro diventa un rantolo. La pelle ingiallisce. Il ventre si gonfia. I piedi e le mani si atrofizzano, gelano. In poche settimane, provate a immaginare in 17 anni. Chi ha visto Eluana, in questi giorni, ha raccontato. Un corpo di carta velina. Una donna di quasi quarant'anni a cui non è accaduto niente della vita: niente se non restare immobile in un letto alimentata artificialmente da una sonda. Un fantasma. Suo padre, il migliore dei padri, non ha voluto che nessuno sapesse com'era diventata. Sua madre si è ammalata quel giorno, è morta in silenzio con lei. Solo pochi anni fa non sarebbe stato possibile.
La morte secondo natura di cui parla la Chiesa sarebbe intervenuta subito, quasi subito. La scienza, però. La stessa scienza a cui si impedisce di usare il sapere per la riproduzione e per la cura, quella stessa scienza ha tenuto il corpo in vita. Vita? Ciao, Eluana. Adesso sei in pace. Lasciali dire, lasciali strillare. Ti hanno usata per una battaglia di potere, pensa che sconcezza. Tu vai, per fortuna. Noi restiamo, ci tocca farlo. Restiamo con tuo padre, un grande uomo, e con tua madre, che da molto tempo è già con te. Restiamo qui e tu resti con noi.
Concita De Gregorio, Direttrice de L'Unità
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