martedì 16 ottobre 2012

AMICO TRENO

La ferrovia della Val Venosta nasce nel 1906, va in crisi negli anni 60, viene seppellita nel 1999. Ma grazie all’impegno di pochi abitanti e ambientalisti rinasce nel 2005, e conosce un successo inaspettato: nel 2006 trasporta 1300000 passeggeri, che diventano 1700000 nel 2007. Oggi la linea Merano-Malles è un modello di successo apprezzato persino dagli Svizzeri, ed è uno degli esempi virtuosi presentati dalla Cipra nel volume «Noi Alpi!» da cui è tratto questo incontro con il direttore della ferrovia

il treno della Val Venosta

Stazione di Merano. Al binario 1 Helmuth Moroder, 46 anni, ingegnere, consulta l’orologio. “Le 13:15” mormora, e dispiega la carta del tracciato: l’intreccio di linee la rende simile ad un complicato cartamodello. Una delle numerose linee a zig zag conduce alla stazione di Merano, dove sta per arrivare il treno proveniente da Bolzano e diretto a Malles. Spacca il minuto. “Questo è importante!” dice Moroder. “Qui ormai la gente regola l’orologio in base al nostro treno!” e non è poco, soprattutto in Italia dove la puntualità dei treni lascia spesso a desiderare. Moroder consulta ancora una volta l’orologio: “sono le 13:16, l’ora d’arrivo indicata nell’orario ufficiale. Il convoglio dalla forma aerodinamica fa il suo ingresso in stazione scivolando sui binari. Un gioiello nuovo di zecca, confortevole, con finestre panoramiche e strisce arcobaleno sul tetto. All’ora di pranzo è pieno zeppo di pendolari, studenti e turisti.

Un successo inatteso

“Abbiamo iniziato con otto di questi convogli e poco dopo siamo stati costretti ad acquistarne altri quattro”, racconta Moroder. “E benché ogni treno sia in grado di trasportare più di duecento passeggeri, continuano a non bastare”. Nemmeno i più ottimisti avrebbero mai scommesso su un successo del genere. “Avevamo sperato in un milione e mezzo di passeggeri all’anno dopo un periodo di avviamento di cinque anni”. Già nel 2007, terzo anno dall’entrata in servizio, i passeggeri erano due milioni, superando ampiamente tutte le previsioni. Ogni giorno 450 abitanti della valle, che prima dell’apertura della linea ferroviaria usavano l’automobile, usufruiscono del treno, percorrendo in media circa 25 chilometri al giorno: questo significa quattro milioni di chilometri in meno percorsi in automobile all’anno. E circa mille tonnellate di anidride carbonica emesse nell’aria. Moroder ripiega la cartina con il tracciato che sintetizza il suo lavoro degli ultimi otto anni, e riassume il risultato con sole cinque parole: “andare in treno è in!”.
Se attorno al 2000, quando Moroder divenne responsabile del progetto, ci fosse stato un referendum, “la stragrande maggioranza della popolazione si sarebbe espressa contro il nostro progetto di ferrovia”, ci assicura. I valligiani ricordavano, con un certo brivido, i vagoni color ruggine della littorina che per decenni avevano arrancato lungo la Val Venosta, la più occidentale dell’Alto Adige. Una linea regionale che non aveva mai avuto grandi ambizioni. L’attività cessò definitivamente nel 1991. Ormai i ritardi erano all’ordine del giorno, la littorina era talmente sporca e malandata che tutti si rifiutavano di salire a bordo, e le Ferrovie dello Stato italiane si videro costrette a sospendere il servizio. In quegli anni tutta la rete venne ridimensionata. “Rimasero solo le linee principali, i rami secchi vennero tagliati”. La Val Venosta era appunto uno di questi. Le città e i comuni puntavano a investire sulla rete autostradale. “Andare in treno era out”, afferma Moroder.

Helmut Moroder con il macchinista al posto di guida
Che cos’è successo in questo breve lasso di tempo? In fondo, il nuovo treno della Val Venosta che nel maggio 2005 si arrampicava per la prima volta verso Malles, superando un dislivello di settecento metri, e tutt’altro che un figlio desiderato dalla popolazione e dalle autorità. Al contrario, i promotori del progetto hanno dovuto battersi per decenni. La loro capacità di imporsi sulle resistenze della popolazione rappresenta un caso esemplare nella storia dell’ambientalismo e, nel frattempo, funge da falsariga a progetti simili, nell’arco alpino e altrove.
Attraversare la Val Venosta in automobile è spesso un continuo “stop and go”, soprattutto nei mesi estivi; la popolazione nei paesi risente dei gravi paesi dei gas di scarico e dell’inquinamento acustico. Le pesanti emissioni dovute al traffico automobilistico hanno rappresentato un valido argomento a favore della rinascita della ferrovia. I suoi fautori hanno anche potuto far riferimento allo sviluppo del trasporto su rotaia in corso nella vicina Svizzera, in cui negli utlimi quindici anni, infatti, le capacità ferroviarie erano state incrementate del 30% circa, infittendo la rete e introducendo più collegamenti regolari.
In base all’Ufficio Federale svizzero di Statistica, tra i 2000 e il 2005 la distanza percorsa annualmente in auto da ogni abitante è rimasta identica. Nello stesso periodo il numero di chilometri percorsi in ferrovia è invece cresciuto del 19%. Pur con qualche ordine di grandezza in meno, il metodo adottato in Val Venosta è lo stesso: la ferrovia regionale circola dalle cinque e mezzo del mattino fino alle nove e mezzo di sera, a intervalli di un’ora; nelle ore di punta la frequenza viene aumentata ad un convoglio ogni mezz’ora.

Il treno comunica con i binari

L’aggiornamento tecnologico della ferrovia, che ne garantisce sicurezza e affidabilità è costato centoquindici milioni di euro; si pensi che la realizzazione della sola circonvallazione di Naturno, una località della Val Venosta, ha richiesto una somma quasi analoga. Nella centrale di controllo di Merano, la ferrovia dispone di un dispositivo elettronico in grado di comandare tutti gli scambi, le barriere dei passaggi a livello e il segnalamento. Il sistema di controllo sorveglia automaticamente la velocità del convoglio e attiva un meccanismo automatico di arresto nel caso in cui uno dei 20 macchinisti si dovesse sentire male. “Il treno comunica con i binari”, spiega Moroder e sale sul “suo” treno. Nel viaggio verso Malles percorrerà sessanta chilometri in 82 minuti, fermandosi esattamente mezzo minuto in ognuna delle 17 stazioni. Ogni 2 ore cinque piccole fermate non sono servite, riducendo così il tempo di percorrenza a 68 minuti. E il tutto al prezzo di quattro euro. Davvero la soluzione più economica e comoda possibile.
Ormai anche i venostani la vedono in questo modo, come i turisti, che sempre più spesso usano questo treno. “Si viaggia come se si stesse scivolando sull’acqua”, dice entusiasta una donna non più giovanissima della vicina Val Pusteria. A Malles noleggerà una bici per godersi il ritorno in discesa insieme al marito.


Quasi senza rumore, la ferrovia si avvita in una rapida curva a S verso i comuni di Algundo e Marlengo; attraversa i primi ponti, si insinua in tre gallerie e concede al viaggiatore uno sguardo sulla città termale di Merano, sul fondo della valle. Per Moroder ogni galleria ha un particolare significato: quella prima di Tel, ad esempio, era in condizioni talmente penose da mettere a rischio l’intero progetto. “L’abbiamo completamente risanata” dice “ma qui non possiamo superare i settanta chilometri orari. In caso contrario si sarebbe reso necessario inclinare il treno e i binari e lo spazio non era sufficiente”. In effetti, fra il tetto del treno e la galleria, ci sono solo pochi centimetri.
Per Moroder, che vive a Bolzano, negli ultimi anni la Val Venosta è diventata quasi una seconda patria. Conosce ogni metro del tracciato, ogni comune, ogni sindaco, la maggior parte delle associazioni. Quando la decisione politica di far rivivere il treno era ormai stata presa, molti degli abitanti della valle non ne volevano sapere. In primo luogo era necessario convincerli della sua utilità pratica ed ecologica per poi renderli utenti abituali del nuovo gioiello.
Per la realizzazione del progetto i soldi non erano un problema. Grazie all’autonomia, l’Alto Adige è una provincia benestante. Vi ritorna infatti il novanta percento del gettito fiscale. Il suo territorio si è sviluppato nel corso degli anni settanta e ottanta: da una struttura agricolo-rurale a una economia fiorente che può contare su generosi introiti provenienti dal turismo e dai frutteti disposti lungo il percorso della ferrovia. “La ferrovia è un vero richiamo soprattutto per i turisti”, si esalta Morder, aderente ai Verdi ed ex consulente di Reinhold Messner, quando l’alpinista era ancora europarlamentare per l’Italia. “Lassù, dall’altra parte dell’Adige, c’è il suo castello”, spiega Moroder e indica la residenza estiva di Messner di fronte alla stazione di Stava. L’appassionato alpinista si era impegnato a favore della ferrovia? “In realtà no. Sopra il tracciato della ferrovia, aveva proposto di realizzare una pista ciclabile”. Come tutte le diciassette lettere della Val Venosta anche quella di Stava è una costruzione in Fachwerk (tecnica costrittiva tipica del nord Europa, con travi a vista e tamponamento in terra cruda), il cui tetto a padiglione, il frontone, le decorazioni liberty e le verande lignee ricordano una casa di campagna. L’archietto venostano Walter Dietl ha progettato le fermate con funzionali strutture in acciaio e legno. “I nostri binari sono per altro completamente privi di barriere archiettoniche”, dice Moroder e indica i listelli di legno che riducono la distanza tra binario e treno, consentendo persino alle sedie a rotelle elettriche di salire facilmente a bordo con le loro piccole ruote. “E nonostante abbiamo dovuto ricostruire tutto ex novo, non è nemmeno costato molto”. La ferrovia della Val Venosta è oggi “l’unica tratta ferroviaria in Europa completamente priva di barriere archiettoniche”.

Quando il treno era “out”

Fermata intermedia a Silandro, dove vive Heinrich Zoderer, 49 anni, maestro, che per più di un decennio ha preceduto il gruppo ambientalista della Val Venosta. “Senza di loro e Heinrich Zoderer non ci sarebbe la ferrovia”, dice Moroder. Alla merà degli anni ’90 il gruppo aveva 250 iscritti, molti di loro combattevano attivamente per la conservazione della ferrovia. Per ben quindici anni. “Non eravamo disposti a tollerare che tutti i soldi fossero destinati al potenziamento della rete stradale”, dice Zoderer sfogliando alcuni giornali dell’epoca sul tavolo della cucina. “Quando ero giovane frequentavo la scuola superiore di Merano e ci andavo con il vecchio treno. Il viaggio costava poco. All’ora era la soluzione di trasporto per le persone semplici, per i bambini e per gli anziani”. Se non altro, si sarebbe battuto per loro.
Ma all’inizio sembrava che la linea dovesse essere smantellata per sempre fra le massime autorità dei comuni della Val Venosta, nessuno sentiva la mancanza della vecchia littorina. Nemmeno il sindaco di Malles, Josef Noggler. Il suo comune di 5000 abitanti era tagliato fuori, distante nell’alta valle, a 1050 metri sul livello del mare, e avrebbe beneficiato di un collegamento ferroviario. “Ma allora non credevo che potesse avere successo”, ammette il sindaco. “Si facevano beffe di noi e ci compativano” ricorda Zoderer.
A un certo punto però vennero presi sul serio. Perché? “Fu un lavoro duro e faticoso, un continuo martellamento, che iniziò quando il treno era ancora in servizio”. Già alla fine degli anni ottanta Zoder usò la sua vecchia macchina da scrivere per formulare una prima idea in merito al funzionamento della linea. Doveva trattarsi di un treno tecnologicamente aggiornato che circolasse con frequenza oraria. “Con questa idea andai da sindaco a sindaco. Scuotevano solennemente la testa, dicendo che il mio impegno era una gran bella cosa ma che non avrebbe portato lontano”. Heinrich Zoder ha raccolto gli avvenimenti dei dieci anni successivi in dodici raccoglitori. “Solo la parte più importante; il resto è in cantina, negli scatoloni”. Si tratta di articoli sulla stampa, lettere pubbliche ai politici, statistiche sullo sviluppo dei trasporti, dichiarazioni di associazioni, lettere alle amministrazioni. Zoderer e un gruppetto di uomini e donne si recarono diverse volte in Austria per osservare ferrovie gestite da privati, che funzionavano e che addirittura producevano utili. “Non volevamo ripristinare idee nostalgiche su rotaia, ma cercavamo una soluzione moderna ed ecologia”. Condussero centinaia di colloqui, si inventarono un concorso di idee e organizzarono un’esposizione itinerante che viaggiava di paese in paese per pubblicizzare il progetto. “Inventavamo continuamente nuove iniziative per far si che la stampa si occupasse del tema e non cadesse così nel dimenticatoio, il tutto su base volontaria”.
Dopo dieci anni di azioni ininterrotte, Zoderer era giunto allo stremo. “Pensai che nel giro di poco la linea ferroviaria sarebbe stato un argomento da affidare alla protezione della natura, perché gli alberi che vi crescevano avevano raggiunto ormai qualche metro di altezza”, dice scherzando. Ma poco dopo gli ambientalisti poterono finalmente festeggiare: dopo innumerevoli petizioni, l’amministrazione provinciale decise di risanare la linea seguendo le proposte dei promotori dell’iniziativa. Incredibile! Oggi Zoderer ritiene che le regole della politica resero questa decisione opportuna: era stata appena approvata la decisione a favore di un aeroporto a Bolzano e della costruzione di una strada di percorrenza veloce fra Merano e il capoluogo di provincia; il progetto della ferrovia della Val Venosta, ecologicamente sensato, rappresentava un ottimo contrappeso e capitava a proposito.

La svolta di Moroder

Il Ministero dei Trasporti italiano aveva già consegnato la linea all’Alto Adige, che incaricò la società di proprietà della provincia, la Strutture Trasporto Alto Adige s.p.a. (STA), di rimettere in funzione la linea. “Mi assunsero nel 2000”, riferisce Moroder, ingegnere civile di formazione. Non aveva nessuna esperienza nel settore ferroviario. “Ma nella veste di ambientalista mi ero impegnato e battuto da sempre a favore dei trasporti pubblici e probabilmente pensavano che me ne intendessi”.
Per lo meno sapeva esattamente quello che voleva: “un elevato comfort di viaggio, convogli nuovi e moderni, spese di esercizio basse e poco personale”. I costi complessivi sarebbero stati di almeno cento milioni di euro. L’amminstrazione provinciale acconsentì e si assunse addirittura i costi di gestione. Secondo i primi calcoli, infatti, degli otto milioni di euro all’anno, i passeggeri ne avrebbero coperti solamente tre.
La durata dei lavori fu di cinque anni. A questo punto i tredici sottopassaggi, i settanta ponti e le tre gallerie erano completati. Moroder si vide costretto a far chiudere cinquantaquattro degli ottantacinque vecchi passaggi a livello. “Ci furono trattative serrate con i sindaci e con gli agricoltori”. In cambio vennero costruite piste ciclabili e sentieri pedonali lungo i binari, con semplici e stabili steccati di legno tipici della valle. “Spesso la sera andavo ancora sul posto per occuparmi delle lamentele di qualche agricoltore”. Una ruspa aveva rovinato qualche melo, una gru era ferma da una settimana nel campo che doveva essere arato, la costruzione di un ponte bloccava il traffico. Moroder dovette convincere novanta contadini a vendere una fetta della loro terra, necessaria per la realizzazione delle piste ciclabili. “Se uno solo avesse rifiutato ci sarebbero voluti mesi”.
A Malles si arriva al capolinea. Qui c’è la vecchia rimessa che l’architetto Walter Dietl ha adattato alla nuova ferrovia, la piattaforma girevole su cui in passato le locomotive potevano invertire il senso di marcia, l’impianto di lavaggio (i treni vengono lavati quotidianamente, e appena arrivano a Malles vengono puliti all’interno). Sulla pista da skate appositamente allestita numerosi giovani si stanno allenando, i bambini giocano nel parco, nel bar della stazione diversi pensionati stanno facendo una partita a carte. Il sindaco Josef Noggler, dal 2000 presidente della Comunità comprensoriale Val Venosta con 36000 abitanti, originariamente scettico nei confronti della ferrovia, oggi è felice. E a ragione: “Malles è diventato un importante nodo stradale e ferroviario che collega tre Paesi”. Da un lato della pensilina ci sono i binari, dall’altro i pullman della Sad che arrivano e partono in coincidenza con i treni. In più, le corriere svizzere fanno servizio tra Malles e l’Engadina e collegano la ferrovia della Val Venosta alla rete delle Ferrovie Retiche, quindi anche alle Ferrovie federali svizzere (SBB-FFS). Presto ci sarà un collegamento analogo tra Malles e Landeck in Austria.

Scambio bus e treno, in coincidenza
Anche nelle valli vicine ci si è ormai accorti che “il treno è in”. “Ora anche in Val Pusteria vorrebbero risanare la ferrovia”, dice Moroder. E fra Caldaro e Bolzano si sta discutendo da tempo di rimettere in funzione la vecchia linea ferroviaria. Il treno della Val Venosta ha dimostrato agli altoatesini che la rotaia è una seria alternativa alla strada: il numero di passeggeri è, infatti, due volte e mezzo maggiore rispetto a quello degli autobus che in precedenza servivano questa tratta. Moroder conclude: “Conosco alcuni abitanti della valle che hanno già venduto la loro seconda macchina”.
Lancia uno sguardo all’orologio: sono le 17 e 32. Ancora tre minuti al prossimo treno. Che naturalmente sarà puntuale.

PER CONOSCERE LE INIZIATIVE A DIFESA DEL TRENO DELLA VAL PELLICE: www.trenovivo.it

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