martedì 8 agosto 2023

DI CRETA E DELL'ISOLA INNOMINABILE - DUE

 

Ampelos, un pugno di case, un mucchio di pietre, apparentemente abbandonato ma pieno di segni di vita e trasformazione in corso.

È il posto più lontano fra quelli indicati dal cartello che c'è giù al porto, 8 km. Una cifra che dà l’idea di quanto è piccola l’isola. Da qui si scende verso una spiaggia mistica, ci si arriva con un’ora circa a piedi, oppure via mare. Lo descrivono come un rifugio nel rifugio che già l’isola costituisce di per sè. La donna che abbiamo conosciuto, che vive buona parte dell’anno in una casa senza muri in mezzo alle frasche dietro una delle spiagge famose dell’isola, dice che ci viene quando vuole isolarsi. Suona strana questa affermazione alle nostre orecchie. Quest’isola non è certo una di quelle che hanno venduto l’anima al demone del turismo di massa. E’ un posto che costituisce appunto un rifugio per chi vuole stare lontano dal mondo dove tutto è in vendita, dove vige la lotta fra prezzo e valore. Quest’isola è’ un posto molto particolare, dove vedi cose come un bus che al mattino si ferma davanti all’unico panettiere, attende che le persone facciamo le compere per la giornata poi le riporta indietro. La sera lo stesso bus lo vedì lassù dove si va a vedere il tramonto, ci ha portato le persone che vogliono vedersi lo spettacolo, quelle che non hanno la macchina, o il motorino. Un posto dove può capitare una volta di essere in giro in macchina ed incrociarlo, quel bus. L’autista mette la mano fuori da finestrino e ti saluta, così senza apparente motivo.

Ad Ampelos arriviamo subito dopo aver visto il sole andare giù nel Mediterraneo nei pressi del faro dell'isola, costruito dai francesi, distrutto dai nazisti, ricostruito dai greci. Nei giorni di gloria il faro dell’isola che non nominerò era visibile da oltre 75 km ed era il secondo più potente del mondo, superato solo da un collega nella terra del fuoco.

Curiosa somiglianza, entrambi posti in fondo ai rispettivi continenti, Europa ed America.

Gruppo di famiglia nel tramonto


                                                                        Al tramonto

 

Poco prima di arrivare ad Ampelos notiamo un enorme sistema di muretti a secco, posti quasi in forma di anfiteatro. Paiono perfetti, ci chiediamo come è possibile che una cosa così bella non venga usata per coltivare, ma siamo noi a sbagliare, qui ci sono solo pietre.

Pietre, appunto. Scesi dalla macchina è ciò che si vede. Pietre in terra, rotolate giù dai muri di cui erano parte. Sembra tutto crollato, morto, non più vissuto. Ed è tutto il contrario.

Prima noto le galline, sono andate a sistemarsi per la notte in cima al vecchio muro di una casa, parzialmente crollata. Lì davanti, su un muretto, sta appoggiato un vecchio motore. Non è lì per caso, non capisco a cosa serva, ma non è arrivato in quel posto da solo.

Rifletto: galline, uguale mangime, uguale acqua, uguale uova. Vita. 

Cammino. Più in giù c'è un cartello in greco, capisco che è l'insegna di un atelier di ceramica, la bellezza in mezzo alle rovine. Ma non stava crollando tutto, quassù ad Ampelos? Penso ad una cara amica che si è sposata pochi giorni fa, ha fatto lei le bomboniere, proprio in ceramica. Sarebbe bello venire qui insieme. 

Qualcosa colpise i miei sensi; "Sbam!". Dall'altra parte di una valletta si sono accesi dei faretti, illuminano, ma per dire meglio decorano, una strada che porta ad una chiesetta bianca.

C'è una luce magica fra queste pietre. Un po' è il tramonto, un po' i faretti, un po' è la mistica del luogo, sarà che siamo in fondo all’Europa, e questa cosa mi stuzzica, mi fa stare bene, mi sento un po' speciale anche io.

Torno indietro, si è accesa una radio. Parla in greco, non capisco da dove venga. In quella direzione c'è solo una vecchia casa, un cubo, completamente al buio, sembra vuota scura diroccata. Avvicinandomi vedo invece che il cortile è perfettamente spazzato ed in ordine. È vecchia la casa, è grigia, da dentro non filtra alcuna luce. Ma è chiaro che invece è viva, in uso. C'è qualcuno che la abita, anche se non si vede. La radio nel frattempo si è zittita.

Mi dà l'impressione che la vita sia tornata in questo posto, forse dopo tempi di abbandono.

Vado verso le ragazze, sono dalle parti della chiesette illuminata che giocano ad urlarsi cose con dei bambini, invisibili, dalle parti delle pietre dell'atelier. Gli uni urlano cose greche, le altre rispondono cose italiane ("Pizza! Italia!", cose così. Si va per stereotipi). 

C'è una convivenza di antico e moderno ad Ampelos, di abbandono e rinascita, pietre in terra e faretti; silenzio, radio e bambini; case crollate e galline. Un atmosfera, mistica, di confine.

Quest’isola è un posto da non raccontare, ma non si può proprio. Dunque se ne taccia il nome.


 

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