venerdì 8 gennaio 2010

UNO DI NOI

Ivan.

Valpe-Alleghe, 7 gennaio: saluto alla folla che lo applaude.

"Un museo per Magilla (soprannome) - da 30 anni cuore della Valpe"

Si dice che la Valle sia "un posto accogliente". Certo, a molti di noi che ci vivono fa piacere pensarlo. Soprattutto oggi, ci serve a sentici un pò diversi dal resto di un paese che non ci piace del tutto. Però la sua storia ci dice che in alcuni casi quell'accoglienza non è solo una diceria.
Chi di noi ha circa la sua età, lo ricorda bene sin da ragazzo; già allora era "possente" come oggi. A scuola nell'intervallo gli saltavamo addosso in 4 e lui ci scrollava come moscerini. Non c'era verso di metterlo sotto.
Ci sono un paio di immagini molto chiare nella mia memoria di ragazzino: la prima, nella conca del Barbara (in alta Val Pellice), lo vede immerso fino al collo per 15/20 minuti nell'acqua gelida di un "tumpi" (una vasca naturale creata dai torrenti in montagna), mentre noi piccoli umani resistevamo qualche attimo e poi saltavamo fuori. La seconda è il filmino di un soggiorno invernale in Val d'Aosta (i mitici soggiorni della Comunità Montana Val Pellice degli anni '70/'80), giocavamo a scivolare sulla neve di un prato in discesa, seduti sui sacchi neri della spazzatura; ci buttavamo giù come pazzi, ma visto che in fondo al prato c'era una solida palizzata in legno, tutti noi trovavamo un modo per fermarci prima, adolescenti intrepidi si, ma sempre un pò timorosi. Ad un certo punto partì lui, acquistando subito velocità (vi ricordo che era già "possente" allora), poi non so cosa fu, si fece prendere, non seppe frenare, chissà cos'altro; insomma ad un certo punto io chiusi gli occhi per non vedere l'irreparabile che stava per capitare. Sentimmo tutti il rumore inequivocabile di qualcosa che si spezzava.
Quando riaprii gli occhi, un pezzo di palizzata era schiantata giù, abbattuta dal possente impatto, lui invece era in piedi (in verità un pò zoppicante...). Non uno di noi era restato in piedi, tutti distesi a terra dalle risate. Ci guardò e ci disse, con la sua voce (un pò possente pure quella): "Allora?! Cosa avete da guardare?" Noi piccoli umani fuggimmo tutti: un pò per paura del cazziatone degli animatori, un pò per paura del padrone della palizzata. Soprattutto per paura di lui.

Ho letto in questi giorni su un giornale locale un'intervista che celebra i suoi trent'anni dentro la Valpe (forse sarebbe meglio dire che la Valpe è dentro di lui...).
Mi piace pensare che forse, proprio in quell'inverno in cui schiantò la palizzata, cominciava la sua storia con la Valpe, che continua ancora oggi.

Ciao Ivan, sei uno di noi, spero proprio che si decidano a fare quel museo. Te lo meriti.
Un saluto da un tuo coetaneo del villaggio.

1 commento:

Vincio ha detto...

Caro Marcello,
sono Vincenzo Brutti da Perugia. Mio padre era amico di tua madre.
Abbiamo trascorso un paio di settimane in un campeggio organizzato dalla Comunità Montana nell'estate del 1977 (o 78?). Non mi ricordo la località, ma ogni tanto vedevo passare dei fondisti accanto alle nostre tende che si allenavano per la "Tre rifugi". Di corsa! Chiamo ancora quel posto la "Valle dei Rododendri", perchè mi sovviene che a volte pulivamo il terreno dalle piante in eccesso. Poi mi ricordo il nido dell'aquila, su una roccia spiovente, la palestra di roccia, gli amici. Spero che te sia la persona giusta per condividere un po' di .. memorie!
Ciao a risentirci
Un abbraccio